TUTTO QUELLO CHE VUOI

Novella “sequel” del racconto “Finché non sei arrivata tu”, pubblicato con Delos Digital

Esco dalla doccia e prendo un paio di asciugamani puliti tra quelli che ho appoggiato sul mobile a fianco del lavandino. Sorrido compiaciuto, perché li avevo messi di fronte al camino e sono ancora caldi. Me ne avvolgo uno intorno alla vita e con l’altro mi strofino il torace e i capelli, per asciugarmi.

Dio, che sensazione piacevole. Dopo la mattinata in mezzo alla neve mi ci voleva proprio.

Guardo fuori dalla finestra, le piste sono battute e non avremo difficoltà a raggiungere il capanno. Non appena penso a quello che ci aspetta il mio cuore perde un battito. Ho organizzato tutto alla perfezione, se qualcosa dovesse andare storto…

«Nate…» mia madre bussa alla porta «Scusa, è arrivato Ramon.»

«Grazie, scendo subito.»

Finisco di asciugarmi, mi infilo boxer, calzini, jeans e maglione e mi guardo un attimo allo specchio. Ho la barba un po’ lunga, ma so che a Deb piace, quindi meglio non farla.

Dì la verità. Adori vedere la pelle delle sue cosce arrossata.

Sorrido beffardo.

Mi passo le dita tra i capelli scompigliati per cercare di pettinarli un po’, faccio un profondo respiro e scendo giù.

«Nate, buongiorno.» Ramon mi sorride e mi indica con la testa il contenitore al centro del tavolo «Ti ho portato la torta che ha preparato Roslyn…come hai chiesto tu.»

La sua frase viene seguita da un momento di silenzio, durante il quale sento addosso gli occhi di mia madre, di mio padre e dello stesso Ramon.

«Beh, che c’è?» sbotto innervosito «Si tratta di un pranzo al capanno, no? Niente di più.»

Mio padre si schiarisce la voce e si mette a leggere il giornale, mia madre si alza in piedi e inizia a trafficare in cucina, Ramon mi guarda serio.

«Stai tranquillo, Nate. Andrà tutto bene.» si avvicina a me e mi dà una pacca sulla spalla «Non dimenticarti quella torta, però.»

«Ah, fidati…non lo farò.» gli stringo l’occhio.

Usciamo e andiamo nelle stalle, gli spiego quello che ho fatto io stamattina. So che Ramon non ha bisogno di indicazioni. Potrei lasciargli l’intero ranch in mano per un mese e sono certo che non avrebbe problemi.

«Grazie per la tua disponibilità, Ramon. Dovremmo tornare verso sera.»

«Penserò a tutto io, stai tranquillo. Più tardi verrà qui Roslyn con i bambini, si è presa il pomeriggio libero in modo che possiamo stare un po’ insieme ai tuoi. I ragazzi giocheranno un po’ insieme, si divertiranno.»

Mi infilo le mani in tasca e mi stringo nelle spalle mentre osservo Ramon che si allontana per addentrarsi nella stalla.

Ho organizzato questa cosa per me e Deb, volevo…farle capire quanto la amo.

Sono pochissimi mesi che stiamo insieme, ma per la prima volta ho la certezza di aver incontrato la donna della mia vita.

Siamo l’opposto. Io burbero, lei dolce e tenera. Io introverso, lei estroversa.

Ma la sintonia che c’è tra noi…la passione, la complicità. Ci rendono una cosa sola quando stiamo insieme. Abbiamo gli stessi desideri, le stesse aspettative. Adora i miei figli, i miei genitori e adora la mia vita.

E io adoro lei.

Ha fatto tutto per me, mi ha dimostrato quanto io sia importante e quanto lei tenga alla mia felicità. Ho rischiato di perderla e mentre io la allontanavo lei mi ha salvato il culo. È riuscita a farmi ottenere un prestito per salvare la mia terra che mi ha permesso di pagare i debiti e mettermi in pari con tutti. Ora pagherò regolarmente i miei collaboratori e i fornitori e sono anche riuscito a tenere qualcosa da parte per poterlo anche investire. Ora respiro, grazie a lei.

Con il suo gesto Deb ha salvato me, la mia famiglia e il mio ranch senza aspettarsi nulla in cambio. Voleva solo che io fossi felice.

Ora voglio dimostrarle quanto lei sia importante per me.

Voglio dimostrarle quanto io voglia che lei sia felice.

È un po’ che ci penso e credo sia venuto il momento di farlo.

«Vuoi che ti aiuti a preparare i cavalli, Nate? Tra pochi minuti credo che Deb sarà qui.» Ramon mi fissa con un sorriso complice.

«Grazie, amico.»

Ci avviamo insieme nella stalla e prendiamo Darknight e Hope. Mentre li prepariamo per la cavalcata racconto nei dettagli a Ramon cosa ho preparato e lui ride come un pazzo.

«Vorrei essere una mosca per vedere la faccia di Deb. Di sicuro non si aspetta una cosa del genere da te e nemmeno io me l’aspettavo…ma come ti è venuto in mente?»

Lo guardo e sorrido.

«Mi sono innamorato, Ramon. Di una donna meravigliosa e speciale. E lei si merita tutto questo.»

«E te lo meriti anche tu.»

Gli faccio un cenno d’apprezzamento con la testa, poi vengo distratto dal rumore di un’auto.

Il mio cuore si ferma. Sbarro gli occhi e guardo Ramon, che scoppia a ridere sguaiatamente.

«Oddio, vedessi la tua faccia, Nate!» si piega in avanti, tenendosi lo stomaco «È impagabile! Come vorrei che Roslyn fosse qui!»

Serro la mascella e stringo gli occhi.

«Fatti gli affari tuoi e finisci di preparare i cavalli, stalliere.» gli passo accanto e gli do una spallata scherzosa. Lo sento ridere ancora di più mentre esco dalla stalla.

Ed eccola là, la mia donna.

Bella come il sole che risplende oggi sulla neve. Un angelo che ho avuto la fortuna di incontrare durante il mio cammino. Mi sorride mentre le vado incontro.

«Buongiorno. Buon San Valentino, amore mio» la abbraccio e le poso un bacio a stampo sulle labbra.

«Buongiorno a te, cowboy. Sei romantico, stamattina…non mi dire che l’atmosfera di oggi ha ammorbidito la tua anima selvaggia.»

«No. Non illuderti, sono sempre lo stesso.» le sorrido. «Pronta per la giornata?»

«Ehm, sì…anche se non so cosa mi aspetta. Mi hai fatto venire qui e so che cavalcheremo, ma non mi hai voluto dire altro!» mette un broncio scherzoso, che me la fa adorare ancora di più.

«Ci divertiremo, vedrai.» la prendo per mano e mi dirigo con lei in casa.

Appena apro la porta i miei genitori si immobilizzano e ci guardano in silenzio.

Merda. Far finta di niente e reggere il gioco no, vero?

«Buongiorno a tutti.» Deb saluta con la sua solita allegria che dopo pochi secondi si spegne, dal momento che non arriva risposta.

«Mamma. Papà.» la mia voce è quasi un ruggito. Ma serve a scuoterli entrambi.

«Oh, scusa…ciao tesoro!» mia madre le va incontro e la abbraccia, come fa anche mio padre.

Deb mi osserva sbigottita, dal momento che la stanno stringendo e baciando in modo oserei dire eccessivo.

Scuoto la testa e sospiro, poi mi passo una mano sul viso. Meglio che non assista a questa scena, volto loro le spalle e mi dirigo in cucina. Prendo la sacca da viaggio appoggiata a una sedia ed estraggo dal frigorifero i contenitori che avevo già preparato in precedenza. Mentre glieli infilo dentro sistemandoli in modo che non si rovescino sento una mano su una spalla.

«Tutto bene, Nate?» a Deb non sfugge mai nulla, avrei dovuto aspettarmelo. Cerco di mascherare l’ansia che mi sta chiudendo la bocca dello stomaco.

«Sì, certo. Perché?» prendo una bottiglia di vino rosso e due bicchieri e li incarto, poi li infilo anch’essi nella sacca.

Lei mi osserva attentamente, studia ogni mio movimento. Inizio ad agitarmi.

«I tuoi mi sembrano un po’ strani. È successo qualcosa?»

«No, nulla.» non so più cosa sto facendo, chiudo la sacca e mi domando se vi ho messo tutto, ma lei mi prende per un polso.

«Dimmi cosa è successo, per favore. Sento che c’è qualcosa che non va.»

Apro la bocca per replicare ma due uragani in pigiama irrompono nella stanza, salvandomi la vita.

«Deb! Sei venuta a trovarci!» la abbracciano gridando e lei non può fare altro che ridere e assecondarli, facendosi trascinare via da loro.

Adoro i miei figli.

Sorrido e mi carico la sacca sulle spalle.

«Ragazzi, io e Deb andiamo via, oggi. Voi fate i bravi, più tardi verrà anche Roslyn con i bambini, staranno qui tutto il pomeriggio con voi. Ora andate a lavarvi e a vestirvi, forza.»

Un urlo di gioia esce dalle loro gole e in men che non si dica sono già su per le scale.

«Andiamo?» apro la porta a Deb per farla uscire, salutiamo i miei e ci avviamo verso i cavalli.

«Divertitevi, ragazzi.» Ramon consegna le briglie a Deb e aspetta che io sistemi la sacca a fianco di Darknight, poi mi consegna le mie. «È una giornata stupenda, perfetta per una cavalcata.»

«Grazie, Ramon. Salutami Roslyn.» con un balzo Deb monta Hope e le accarezza il collo.

Sto per montare anch’io il mio, ma la porta di casa si spalanca e mia madre esce con un contenitore trafelata.

«Nate! La torta!»

Cazzo! Sarò idiota?

Corro verso di lei e prendo l’involucro.

«Grazie, mamma.»

«Prego, tesoro. In bocca al lupo.» mi sorride e mi accarezza una guancia.

«Crepi.» mi sistemo il cappello e mi dirigo verso il mio cavallo. Infilo la torta nella sacca da viaggio sotto lo sguardo divertito di Ramon che mi strappa quasi un’imprecazione.

Scuoto la testa, stavo quasi per dimenticarmi il piatto più importante.

Monto Darknight e finalmente possiamo partire.

Salutiamo Ramon e ci avviamo lungo il sentiero, tra la pianura e gli alberi innevati, sotto lo sguardo delle montagne bianche che si stagliano all’orizzonte.

«Allora, mi dici dove stiamo andando? Anche se forse un po’ l’ho intuito.» mi strizza l’occhio, con complicità.

«Ho pensato che tempo fa avevamo programmato una gita e a causa di una persona è saltata.» mi schiarisco la voce. «Avevo voglia di passare un giorno lontano da tutti con te e avevo ancora il mio famoso capanno nei boschi da mostrarti, quindi…»

«Quindi passeremo una giornata soli soletti, Nathan Harris?»

«Sì. Soli soletti.»

Si morde il labbro e guarda il paesaggio di fronte a lei, pensierosa.

«Quindi hai mosso mari e monti per questo, Nate? Per una gita

«Mosso mari e monti? Cosa vuoi dire?»

«Ramon, i tuoi genitori…ho notato i loro sguardi, sai…cosa credi? Mi sto solo chiedendo cosa tu stia architettando. C’è qualcosa che non so e che devi mostrarmi o dirmi? Qualcosa che non va?»

Amore mio, sapessi quanto sei fuori strada…

«Assolutamente no, stai tranquilla. Ho solo pensato che, siccome oggi è San Valentino ed è pure domenica, sarebbe stato carino prenderci una pausa. Sono successe tante cose da quando siamo tornati da New York…ora che è tutto sistemato volevo solo respirare un po’. Con te.»

Annuisce.

«Davvero, Deb…non ti sto nascondendo nulla, va tutto bene. Tu avevi l’ambulatorio chiuso oggi e quindi eri libera. Ramon si è reso disponibile per sostituirmi al ranch, ne ho approfittato.» mi avvicino a lei con il cavallo e le sfioro un braccio. «Ho bisogno di averti tutta per me e basta, almeno per un giorno. In un posto dove non prende nemmeno il telefono.»

La vedo arrossire appena e sorridere con dolcezza. Dio mio, la prenderei qui seduta stante, mi fa impazzire quando fa così.

«D’accordo, cowboy. Vediamo questo capanno, allora.» fa uno schiocco con la lingua e accelera il passo, passandomi davanti. Sorrido e la raggiungo, mettendomi al suo fianco.

Cavalchiamo per un paio d’ore, il posto è lontano, ma ogni volta che arrivo qui ne vale sempre la pena. La piccola casetta in legno è circondata da alcuni abeti innevati ed è a fianco di un ruscello che ora è ghiacciato, sotto il sole risplende in un modo spettacolare. È nevicato tanto, per fortuna sono venuto qui ieri a preparare tutto e ho potuto sgomberare l’ingresso, altrimenti dubito che saremmo riusciti a entrare.

Scendo da cavallo e mi giro a osservare Deb che sta contemplando il tutto inebetita.

«Bello, vero?»

«È meraviglioso, Nate… c’è una pace, una tranquillità…sembra un altro mondo.»

«Lo è davvero.» le porgo la mano «Vieni, entriamo.»

Mi prende la mano e scende da Hope, leghiamo entrambi i nostri cavalli alla sbarra in legno sul davanti, prendo la sacca e le faccio strada. Apro la porta ed entro, studiando il suo viso per cogliere qualsiasi emozione lei stia provando. Voglio che questi momenti restino per sempre impressi nella nostra memoria.

Lei spalanca gli occhi e la bocca, e per la prima volta sono fiero di me stesso. Sono riuscito ad ammutolirla.

Fa freddo, ma lo scenario che ho preparato è davvero splendido. Ho spostato il tavolo e le sedie contro la parete e ho steso alcuni tappeti e cuscini davanti al camino in pietra. Davanti a essi ho collocato una piccola cassa in legno, con sopra un vassoio. Un po’ rustico, non c’è che dire, ma è stato il meglio che avrei potuto fare.

«Entra, su.» la prendo con dolcezza per un braccio e la tiro all’interno, chiudendo la porta subito alle nostre spalle. «Fa un po’ freddo, ma vedrai che una volta acceso il camino si riscalderà subito. La stanza è piccola.»

Poso la sacca sul tavolo e prendo subito alcuni pezzettini piccoli di legna.

«Se vuoi, lì dietro c’è un piccolo bagno.» le indico con una mano una porta chiusa, lei annuisce con la testa e sparisce all’interno della stanzetta.

Soffoco una risata, mentre mi affretto ad alimentare la fiamma. Mi alzo e apro la sacca, prendo le due bistecche da cuocere sul fuoco e le pannocchie e le sistemo subito all’interno della griglia che ho portato qui ieri. La chiudo e controllo di nuovo il fuoco che ha preso bene.

Ottimo.

Mi sfilo il giaccone ed estraggo la tovaglietta bianca, i bicchieri in cristallo e la bottiglia, che apro e sistemo subito sul tavolo. Piatti, posate e tovaglioli. Sistemati, perfetto.

Posiziono al centro del tavolo il contenitore con i pezzi di formaggio e uva, poi ammiro il mio lavoro. Stupendo.

Prendo poi con delicatezza il contenitore con la torta che ha preparato Roslyn. Lo apro appena, controllo il contenuto e sorrido compiaciuto. Ha fatto un gran lavoro, esattamente come le avevo chiesto io. Lo richiudo subito e lo sistemo in un angolo, questo verrà dopo.

Mi sfrego le mani sui jeans, nervoso. Poi la porta del bagno si apre ed esce lei.

Si guarda intorno e poi si volta verso di me. Dopo un attimo me la ritrovo fra le braccia.

«Nate, è bellissimo! Non so che dire…un sogno.»

«No, amore mio…è realtà. Una giornata tutta per noi e fidati, deve ancora iniziare davvero.» la mia voce è roca, non riesco a mascherare il desiderio che ho di farla mia.

Le prendo il viso e le catturo le labbra vorace. Affondo la lingua nella sua stupenda bocca, la divoro, le tolgo il respiro. Voglio ogni cosa: le sue emozioni, il suo tremore, i suoi gemiti di piacere. Voglio tutto e lo voglio subito.

«Ti voglio, donna. Adesso.» quello che le impartisco è un ordine senza possibilità di replica da parte sua. Ma so che non ha nessuna intenzione di replicare. So che mi vuole almeno quanto la voglio io ed è questo che mi fa impazzire di lei.

Mi prende il maglione e me lo sfila dalla testa, lasciandomi a torso nudo. Sento le sue labbra, i suoi denti e le sue mani sul mio petto. I suoi baci e i suoi morsi. Ringhio e la sento ridere.

La allontano da me e le tolgo il giaccone, maglione e maglietta in pochi secondi. Armeggio con la fibbia della sua cintura, la sgancio e le sbottono i jeans. Lei si sfila gli stivali come faccio anch’io, le prendo i pantaloni e glieli tolgo lanciandoli lontano.

La ammiro ansimante davanti a me, in mutande e reggiseno mentre mi sfilo i jeans e i boxer.

«Dio mio Deb, quanto sei bella…ti amo da impazzire, lo sai.»

«Ti amo anch’io, Nate.» si morde le labbra, impaziente. Si slaccia il reggiseno e se lo sfila, poi passa agli slip. Siamo entrambi nudi l’uno di fronte all’altra. Ci guardiamo, ci ammiriamo e dai nostri corpi traspare il desiderio che abbiamo di appartenerci. Sempre.

«Vieni qui.» ordino, come sempre.

«No. Vieni qui tu.»

«Non sfidarmi, donna.»

Sorride languida.

«Altrimenti? Che fai, Nate… Mi sculacci?»

«Confesso che non avevo mai pensato alle sculacciate. Sai che mi piace fare altre cose, quando sono con te.» inarco un sopracciglio «Ma posso sempre valutare la cosa, se so che potrebbe piacerti.»

Si irrigidisce un attimo, distraendosi. È il mio momento.

Scatto in avanti e con un balzo l’afferro, ma lei nel tentativo di fuggire urta con una gamba il tavolino con sistemati sopra i bicchieri e tutto il resto.

Ci blocchiamo ammutoliti mentre osserviamo ondeggiare il tutto in modo molto pericoloso. Bottiglia e bicchieri contornati da piatti e formaggio con uva. Nonostante il caldo del fuoco sento un brivido gelato.

Per fortuna tutto smette di ondeggiare e il pericolo sembra scampato. Chiudo gli occhi un attimo e riprendo fiato, ma sento Deb che cerca di scappare. Stringo la presa intorno alla sua vita.

«Non crederai davvero di riuscire a sfuggirmi…» mi metto a ridere e me la carico sulle spalle, ripensando a quella sera a New York. Le pianto uno schiaffo sul culo, proprio come quella sera.

«Ahi!» in risposta me ne pianta uno lei, a penzoloni sulle mie spalle.

Con un balzo mi avvicino al tavolo e ce la scaravento sopra, le spalanco le gambe e la avvicino a me.

«Sai che non devi sfidarmi, Deb, tanto vinco sempre io.»

Con una mano le accarezzo una coscia, partendo dal ginocchio. Scendo lento, fino alla sua sommità. La sento già pronta e calda per me, la solletico languido e poi con dolcezza entro dentro di lei con due dita. Il suo gemito profondo che mi arriva alle orecchie mi fa esplodere il cuore.

Sento tutto quello che sta provando come se lo stessi provando io, siamo uniti da un filo sottile ma resistente. Anima e corpo.

La sua mano corre al mio membro eretto e le sue dita lo circondano stringendolo appena. Non riesco nemmeno io a trattenere un gemito. Ci accarezziamo a lungo come piace a noi, con lentezza studiata. Portiamo entrambi al limite e poi ci fermiamo, assaporando la sensazione di piacere e cercando di farla durare il più a lungo possibile.

Non resisto a non baciarla, a non prenderla sempre con passione.

È una boccata di ossigeno, è tutto.

È vita.

È mia.

Ma ora voglio sentirla gridare, per me.

Mi stacco da lei e mi inginocchio a terra, aprendole bene le cosce. Mi tuffo al loro interno con la bocca, divoro la sua femminilità e il suo piacere, la sento vibrare sotto i miei baci. Lei mi prende i capelli con le mani, li stringe e me li tira forte, so che è vicinissima.

«Ti prego, Nate, io…» non riesce a continuare, perché un profondo orgasmo la scuote in tutta la sua bellezza.

Alzo lo sguardo e la ammiro inarcare la schiena e gettare la testa all’indietro, mentre si lascia andare. Ammiro i suoi seni con i capezzoli eretti che si alzano e si abbassano per i respiri affrettati che le sto causando. Ascolto estasiato il suo grido di piacere che mi riempie le orecchie.

Mi allontano dalle sue cosce e osservo compiaciuto gli effetti arrossanti della mia barba.

Sei proprio uno stronzo, Nate.

Le bacio con dolcezza il ventre morbido, le prendo i seni con le mani e le succhio i capezzoli, risalgo sul suo collo accarezzandolo con la lingua e mi ritrovo con le labbra davanti alle sue.

«Non rilassarti, Deb. Non è certo finita e tu lo sai.»

Senza aspettare la sua replica affondo con la lingua nella sua bocca e nello stesso momento affondo con il mio membro dentro di lei.

Inizio a muovermi, cercando di mantenere il controllo, ma non so per quanto ci riuscirò. La desidero troppo, la amo da impazzire e mi sento esplodere dalla gioia per questa giornata che passerò con lei.

«Nate…» si stacca dalle mie labbra, per prendere fiato «Ti amo, ti amo da morire…»

«Sei la mia vita, Deb… faremo questo tutto il giorno…mangeremo e poi scoperò di nuovo…e poi ancora e ancora…»

Ormai le parole mi escono frammentate, i respiri si fanno più veloci, sento che arriva.

Cerco di trattenermi, ma quello che leggo nel suo volto mi fa capire che siamo insieme.

Sento che si irrigidisce, è il momento. Accelero i movimenti e spingo più forte, lei si aggrappa al mio collo e mi guarda in viso. La sua espressione si contrae, come la mia, e mentre siamo occhi negli occhi esplodiamo insieme nell’estasi che ci avvolge, facendoci sentire una cosa sola.

Quando gli ultimi spasmi si calmano e i respiri si fanno più regolari le poso un bacio leggero sulle labbra ed esco da lei, facendola scendere dal tavolo.

«C’è una doccia, di là.» le strizzo l’occhio. «Ci sono asciugamani puliti e acqua calda.»

«Hai proprio pensato a tutto, Nathan Harris…persino al fatto che mi avresti fatta tua.»

«Beh, quella era l’unica cosa su cui non avevo dubbi, tesoro.»

«Ah sì?» mi guarda in modo interrogativo «E su cosa, avresti dubbi… sentiamo.»

Cazzo. Panico.

Le pianto una pacca sul sedere per cambiare discorso.

«Avanti, donna! Fila in bagno, che poi preparerò il pranzo. Muoio di fame!»

 

C’è un vecchio giradischi di mio padre, qui, e ho approfittato per portare qualcuno dei miei dischi preferiti. Le note di “Just Breathe” dei Pearl Jam fanno da sottofondo a questa giornata meravigliosa.

«Tutto molto buono, come sempre.» Deb beve un sorso di vino rosso compiaciuta.

Ha le gote leggermente arrossate dovute al calore del fuoco o forse al vino.

Gli occhi le brillano, le labbra sono rosee e piene.

Indossa un accappatoio e so che sotto non ha nulla.

È una visione.

«Grazie.» sono quasi imbarazzato, so che si avvicina il momento del dolce e sto iniziando ad agitarmi. «Sono contento ti sia piaciuto tutto.»

«La carne alla brace era veramente cotta al punto giusto, Nate, e lo sai. Sei un esperto, i tuoi barbecue lo hanno sempre dimostrato.» gusta un altro sorso di vino «I formaggi, l’uva…il vino. Tutto squisito.»

Annuisco, mentre anch’io avvicino le labbra al bicchiere.

«Ma per una golosa come me, manca una cosa: il dolce!»

Per poco non mi strozzo con il liquido che avevo iniziato a sorseggiare. Deb diventa seria.

«Nate, tutto bene?»

«Sì, sì…» le faccio un gesto per rassicurarla, poi mi alzo in piedi.

«Sicuro?» si alza anche lei, mi mette una mano sulla schiena.

«Tutto bene, siediti pure che prendo il dolce.» le indico il pavimento con un gesto e lei si accomoda di nuovo sul suo cuscino.

Avanzo barcollando verso il tavolo dove solo poco fa abbiamo fatto l’amore. Osservo la scatola che contiene quella stramaledetta torta, all’improvviso non ho più così tanta voglia di dargliela.

Ma che mi è preso? Che mi sono messo in testa?

Le sembrerò patetico, sdolcinato, la deluderò.

Lei ama il Nate selvaggio, il cowboy. Non si aspetta una cosa del genere da me.

«Nate?» sobbalzo, sentendo il suono della sua voce «Sicuro che stai bene?»

«Sicuro, amore.» mi volto e le sorrido. «Arrivo.»

Tu sei anche questo, Nate. E Deb amerà anche questo lato di te. Dalle fiducia, fidati di quello che provate entrambi.

Faccio un profondo respiro e prendo il contenitore. Lo apro e guardo la torta che ha preparato Roslyn.

È meravigliosa.

Sorrido con tenerezza, è la cosa più romantica che io abbia mai fatto nella mia vita.

Prendo due piattini, due cucchiaini, un coltello, il contenitore e torno vicino al fuoco.

Poso il tutto sul tavolino e guardo Deb che osserva la torta con un sorriso estasiato.

«Buon San Valentino, amore mio.» mi siedo sul cuscino, in attesa della sua reazione.

Lei osserva la torta di mele fatta a forma di cuore, apposta per lei. In una metà la lettera “N”, nell’altra metà la lettera “D”, entrambe intagliate nella pasta frolla.

«Nate!» mi butta le braccia al collo, entusiasta «Hai fatto una cosa meravigliosa, è tutto stupendo! La cura con cui hai preparato tutto, l’amore che ci hai messo…»

La stringo a me, beandomi di questo momento.

«L’ho fatto per noi. Ne avevamo bisogno. Volevo dimostrarti quanto sei importante per me.»

Mi sorride e mi accarezza una guancia.

«L’hai fatto.»

Mi abbraccia di nuovo cullandomi per qualche minuto, poi scende dalle mie gambe e si rimette al suo posto.

«Ora gustiamoci questa torta!» prende il cucchiaino e aspetta che io la serva.

Prendo per me la metà con la lettera “N” e do a lei quella con la lettera “D”.

Iniziamo a mangiarla, devo dire che è veramente ottima. Roslyn si è superata, questa volta.

«L’ha fatta Roslyn, vero? Riconosco la sua mano, saprei riconoscerla ad occhi chiusi.» gusta ogni boccone e io la osservo attento.

Sorride, poi a un certo punto si mette a tossire. Tossisce forte, con la mano davanti alla bocca.

«Deb!» mi prende il panico e mi avvicino a lei «Stai bene?»

Fa segno di sì con la testa, poi prende un fazzoletto e se lo mette davanti alla bocca. Tossisce di nuovo, qualche volta, poi piano piano si riprende. Si mette il fazzoletto nella tasca dell’accappatoio e poi beve un sorso d’acqua.

«Dio mio, Nate…ho rischiato di soffocare.» ha ancora la voce roca per il lungo tossire.

«Mi spiace, tesoro…va meglio, ora?»

«Sì. Molto meglio.» riprende a mangiare la torta, gustando lenta ogni boccone. «È davvero buonissima, Roslyn è la migliore, devi ammetterlo.»

Annuisco, mentre finisco il mio pezzo e osservo lei finire il suo.

Il suo piatto è vuoto e non succede nulla.

Perlomeno non succede quello che mi aspettavo.

La guardo attentamente e lei ha un’espressione normale in viso, come se nulla fosse accaduto. Sento il sangue che mi abbandona il volto, è da giorni che aspetto questo momento, e…nulla?!?

Che diavolo è successo?

Deb mi guarda incuriosita.

«Che c’è, Nate? Tutto bene?»

«Sì, certo…La torta…era buona?»

«Buonissima. C’è qualche problema?»

Cazzo.

«Nessun problema.» mi schiarisco la voce. «Solo…non hai notato nulla di strano?»

«No.» aggrotta le sopracciglia. «Avrei dovuto?»

Oh, porca…

«No, cioè, sì… Merda!» impreco e mi alzo in piedi, passeggiando nervoso per la stanza. «Ma che cazzo è successo? Mi domando cosa diavolo è successo! Per una volta, una sola che programmo qualcosa… va storto? Che diavolo!»

«Nate…»

«Lasciami stare, Deb! Ho programmato questa giornata da tempo, non aspettavo altro che tu mangiassi quella dannata torta e niente!» impreco come un dannato dalla rabbia.

«Nate, senti…»

«Lasciami stare, ho detto!»

«Nate!» ora il suo tono è decisamente imperativo e mi costringe a voltarmi.

È in piedi davanti a me, le mani nelle tasche dell’accappatoio. È seria.

«Che c’è?» sbotto infastidito.

«Non è che per caso stai cercando questo?» sfila le mani dalle tasche e lui è lì.

Il solitario che le ho comprato la settimana scorsa a Sheridan e che lei avrebbe dovuto trovare in quella stramaledetta torta di mele. La guardo stupito. Non capisco.

«Ma come…» riesco solo a mormorare.

Lei mi fissa seria.

«Sentimi bene, Nathan Harris. Ci ho quasi lasciato le penne a causa di questo anello, poco fa. Quindi, o mi fai una proposta come si deve e ti riscatti oppure inizio seriamente a pensare che tu stessi in realtà attentando alla mia vita.»

Ripenso a quando ha tossito, prima. Deve averlo sentito con la lingua e ha capito di cosa si trattasse. Stavolta mi ha proprio fregato lei.

Sorrido e cado in ginocchio. Apro il palmo della mano e lascio che lei mi posi l’anello su di essa, poi faccio un profondo respiro, la guardo negli occhi e inizio il mio discorso.

«So che non ci conosciamo da molto, ma so cosa proviamo l’una per l’altro. Tu mi sei entrata dentro e io so che sono dentro di te. Lo sento ogni giorno, lo vedo ogni giorno. Dai tuoi gesti, dalle tue parole e dal modo in cui facciamo l’amore. Voglio che tu sia mia, per sempre. Voglio sposarti, fare altri bambini e costruire una vita insieme, io e te. Al ranch. Insieme a tutti gli altri. So che sarai una moglie meravigliosa, una madre fantastica, un’amica speciale e un’amante appassionata. Sei già buona parte di tutto questo. E io sono stato uno stupido quando ho rischiato di perderti; quindi, non voglio che accada mai più. Ci sposeremo quando vorrai, possiamo anche aspettare, se vuoi. Ma sappi che io lo farei anche adesso e ho fatto tutto questo perché volevo che tu lo sapessi. Ti amo più della mia stessa vita, Deb, e vorrei tanto che tu valutassi la possibilità di diventare mia moglie.»

Ecco, ora posso respirare di nuovo.

Attendo un momento che mi sembra interminabile prima di sentire la sua voce.

«Nate.»

Si inginocchia di fronte a me e mi guarda negli occhi.

«Hai ragione, forse sarebbe meglio aspettare.»

La sua risposta mi trafigge il cuore, ma sapevo che sarebbe potuta andare così. Stiamo insieme da pochi mesi, solo un pazzo come me poteva fare una proposta del genere.

«Come vuoi, amore. Tutto quello che vuoi.» le sorrido mesto.

«Cioè, voglio dire…adesso…come facciamo senza il prete? E poi io vorrei almeno un vestito decente, in accappatoio non mi sembra proprio il caso. Che ne diresti di domani?»

Il cuore mi impazza nel petto mentre le sorrido e sento gli occhi diventare lucidi.

Le infilo l’anello al dito e poi glielo bacio. Alzo lo sguardo su di lei e le sorrido estasiato.

«Sai cos’hai appena accettato, vero? Sai a cosa vai incontro sposando me.»

Lei fa un sorriso sornione.

«Oh sì, certo, Nathan Harris. E tu?»

Fine

Copyright Samy P. © 
Questo racconto è di proprietà di Samy P., è protetto da copyright e ogni riproduzione dell’opera, parziale o integrale, è vietata. È vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti, in qualsiasi forma, non autorizzata espressamente dall’autrice. Tutti i diritti sono riservati ©. L. 633/1941. Questo racconto è un’opera di fantasia di Samy P. Ogni riferimento a persone reali esistenti o esistite, fatti, luoghi o avvenimenti è del tutto casuale ed è frutto dell’immaginazione dell’autrice che ne ha fatto uso al solo scopo di dare maggiore veridicità alla storia.

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