OMBRE E LUCI DAL PASSATO – Capitolo 6

Emma

– Grazie per la cena, è stato tutto squisito – dico a Michael.

Mi ha portato in un club, ha prenotato una saletta privata, siamo soli, noi due.

– Grazie a te, la tua compagnia è fantastica – mi dice lui, con lo sguardo languido.

– Penso che ora sia arrivato il momento di accompagnarmi a casa… – gli dico, esitante.

Fa un sorriso perverso.

– Smettila, Emma… – mi dice – Nemmeno tu lo vuoi.

– Michael, io…

Si avvicina a me, parlandomi all’orecchio.

– Ho prenotato una stanza, qui, per stanotte… Se vuoi possiamo anche restare a dormire.

– No, non chiedermelo, questo non posso farlo… – gli dico. Penso alla scusa che ho trovato con mio figlio, non sarebbe credibile.

Lui mi tocca la coscia, piano, ed infila una mano sotto la mia gonna.

– Oh, Emma… Emma… – mi dice con voce roca.

Fa scorrere la mano, arrivando fino alle mie mutandine. Mi tocca, piano, sopra la stoffa.

– Oh, piccola… – mi dice, mentre scosta la stoffa ed infila due dita dentro.

Piego la testa all’indietro, chiudendo gli occhi, e gemo, piano.

Lui inizia a muovere le dita, avanti ed indietro…

Apro gli occhi, e lo guardo, cercando di capire le sue intenzioni.

Lui mi sta fissando, rapito, con gli occhi blu intensi e la bocca leggermente aperta.

– Voglio farti venire, piccola… Ora. Qui. – mi dice, accelerando il ritmo.

Gemo, questa volta più forte, sono vicina.

– Guardami – mi dice lui – guardami negli occhi.

Lo guardo, intensamente, e, quando esplodo, lui mi copre le labbra con le sue, soffocando i miei gemiti con la sua bocca. Mi bacia avidamente, profondamente, finché il mio orgasmo non si è consumato.

Poi si stacca da me e mi osserva intensamente.

– Vuoi ancora andare a casa? – mi chiede, con un sorriso perverso.

Gli sorrido, languidamente.

– No – gli dico – Ma comunque non posso fermarmi a dormire.

Lui sfila le dita da me, e come sempre, se le infila in bocca, succhiando.

– Mhmm… piccola… – mi dice, poi si alza e mi prende per mano.

– Vieni, ti porto di sopra. Voglio scoparti tutta la notte.

Le sue parole mi incendiano. Tremo dal desiderio, e lo seguo, come ipnotizzata.

 

Lo guardo allontanarsi, sulla sua macchina. Mi ha riportato a casa ora, a notte inoltrata.

Ancora una volta, non ho saputo resistergli… ha un forte ascendente, su di me.

È stata una notte di passione intensa, lui è bravo, dannatamente bravo…

Oltre a questo, però, non c’è altro. Nessun sentimento, nessun trasporto… Solo sesso.

Amareggiata, rientro in casa. Sono la sua amante, non c’è dubbio. Niente di più.

Alex

Guardo il soffitto, disteso nudo sul letto, al buio. Non riesco a dormire.

Mi volto, e vedo Lucy, addormentata, di fianco a me. Mi infilo i pantaloni del pigiama e mi alzo.

Che scopata, cazzo…. le ho scaricato addosso tutta la mia rabbia, poverina, stanotte non ne avevo mai abbastanza. Mi sento svuotato, ora, ma non è servito a niente.

La voragine che ho nel petto è sempre lì… non se ne va.

Prendo un bicchiere, e del ghiaccio, e mi verso una generosa dose di Jack Daniel’s.

Mi siedo sulla poltrona e guardo le luci di New York, dalla finestra.

“Dove cazzo sei, Emma?” mi domando.

Sento un rumore, alle spalle, e mi volto.

– Senti, io, me ne andrei – mi dice Lucy. In silenzio, si è già rivestita.

– Sì, d’accordo… – le dico.

– Ok, allora ciao… – mi dice, dirigendosi verso la porta.

– Lucy, aspetta…

Si volta, e mi guarda.

– Scusami, io… non so cosa mi è preso, stasera – le dico, cercando di giustificarmi.

– Lo so io… – mi dice lei – È chiaro che sei innamorato… Vai da lei.

– Ma cosa…? – Come fa a saperlo?

– Non te ne sei accorto? – mi dice, sorridendo – Mi hai chiamato Emma, diverse volte… Certo che ti ha fatto proprio imbestialire, quella!

Mi metto a ridere.

Mi si avvicina, e mi dà un bacio sulla guancia.

– Vai da lei, non aspettare troppo… – mi dice, sorridendo – In bocca al lupo.

– Crepi… – le dico, mentre lei si allontana ed esce da casa mia.

Mi volto nuovamente verso la vetrata, guardando fuori. Se solo sapessi dov’è…

Mi piego, appoggiando i gomiti alle ginocchia, e mettendomi la testa tra le mani.

“Cosa cazzo faccio, adesso?” mi chiedo.

Emma

Niente, non mi risponde. Sono a Central Park, ed Alex non si vede.

Mi pare che fossimo d’accordo di trovarci stamattina, ma l’ho già chiamato quattro volte, e lui non risponde al telefono. Decido comunque di mettermi a correre, probabilmente lo incontrerò presto.

Dopo pochi metri, eccolo, che mi supera e mi si piazza davanti, costringendomi a fermarmi.

Ha un’espressione orribile.

– Ciao… – gli dico titubante.

– Che fine hai fatto, ieri sera? – mi chiede, senza nemmeno salutarmi.

– Come? – gli chiedo – Sono… sono andata a casa…

– Emma! Cazzo, Emma! – mi dice, alzando la voce. Non l’ho mai visto così arrabbiato.

– Ma cosa… – non mi fa nemmeno finire la frase.

– Sono venuto a casa tua, ieri sera! – mi dice, cercando di abbassare la voce, ma è troppo infuriato.

Mi sento mancare, non è possibile…

– E guarda un po’, scopro che tu non ci sei, ma soprattutto tuo figlio mi dice che avresti dovuto essere con me – mi guarda, serio. È livido dalla rabbia.

– Oh, io… – gli dico, ma le parole non mi escono di bocca.

– “Io” un cazzo, Emma! – mi dice – Non mi interessa cosa fai della tua vita privata, se vuoi buttarti via, fallo, è la tua vita. Ma non tirare in ballo me, e soprattutto, non mentirmi! Lo sai che non lo sopporto.

– Ma come hai potuto? – continua – Mentire a tuo figlio, mentire a me! Riesci ad immaginare la faccia di Paul quando mi ha visto, ieri sera? Il male che gli hai fatto? Il male che hai fatto a ME!

Mi porto le mani alle labbra, solo ora mi rendo conto della tremenda cazzata che ho fatto.

– Ci siamo sempre detti tutto, noi, non abbiamo mai avuto bisogno di nasconderci nulla… Sai cosa ti dico? Che stai diventando come lui, come Michael… Una schifosa bugiarda!

Non riesco a ribattere, le lacrime mi pungono gli occhi.

– Se è così, non mi interessa più, la tua amicizia, non ne voglio più sapere, di te. Non so che farmene di una persona di cui non posso fidarmi. Sei importante per me, lo sei sempre stata, ma ora mi hai deluso, Emma, profondamente… Non sai quanto.

Leggo la delusione, nei suoi occhi, e leggo dolore. Sento una fitta lancinante, nel cuore.

“Mio Dio… cosa ho fatto?” penso. L’ho deluso, gli ho fatto male… La consapevolezza di avergli fatto male è peggio di qualsiasi altra cosa.

– Scusami, io… – riesco solo a dire.

– Continuerai a vederlo? – mi chiede a bruciapelo.

Lo guardo, senza rispondere.

– Ok, ho capito. Ti saluto, Emma, stammi bene – mi dice freddamente.

Si volta e se ne va, correndo via da me, lontano. Ho rovinato tutto, l’ho perso.

Il dolore mi investe, come un treno in corsa, e le lacrime mi scendono sulle guance, inesorabili.

Rimando il mio jogging del sabato mattina, non ne ho la forza. Torno a casa.

 

Appena entro, vedo che mio figlio Paul si è alzato, ed è seduto su una sedia, vicino al tavolo da pranzo.

Lo guardo, ha un’espressione dura, è arrabbiato.

– Paul… – gli dico, avvicinandomi a lui.

– Mamma, perché mi hai mentito?

Mi siedo anch’io, accanto a lui.

– Scusami, ho sbagliato – gli dico, guardandolo.

– Eri con lui? – mi chiede, a bruciapelo.

– Sì – gli rispondo. Ora basta, mentire.

– Voglio che tu non lo veda più – mi dice secco.

– Paul, aspetta, tu non sai… – gli dico, ma lui mi interrompe.

– Mamma, non sono stupido. Ho gli occhi per vedere, so chi è, mi è bastato uno sguardo – mi dice – E ti ripeto: voglio che tu non lo veda più.

Sono ammutolita, sconvolta.

– Se tu avessi visto Alex, ieri sera, quando ha capito cosa avessi fatto… – mi dice, guardandomi – L’espressione che aveva, mamma… Lo hai ferito, tanto, non se lo merita. E nemmeno io e Sarah ce lo meritiamo.

Si alza dalla sedia, e si infila la giacca.

– Dove vai? – gli chiedo, preoccupata.

– Non lo so – mi dice – via di qui. Quando mi sarà passata ritornerò a casa.

Senza salutarmi, esce dalla porta e se ne va. Anche lui.

Come un automa, vado in camera di Sarah, anche lei è uscita, non c’è. Sono sola.

Mi copro il viso con le mani, e crollo sul pavimento esausta, scoppiando in lacrime.

 

Esco dalla doccia, mi ci voleva.

Mi sono ripresa un po’, ma mi rendo conto che mi meritavo questa bella strigliata, da parte di tutti. Ho combinato un gran casino.

Guardo la foto di John, sul cassettone della mia camera. Se potesse vedermi in questo momento, non sarebbe sicuramente orgoglioso di me, anzi…

Mi dirigo verso la finestra, e guardo fuori, il panorama su New York. Sono sola, in casa.

Allungo una mano verso lo stereo, ed accendo la radio. Appena sento la canzone che stanno trasmettendo, mi sfugge un sorriso ironico. Incredibile…

È “Don’t speak” dei No Dubt… parla di un’amicizia finita. Sento di nuovo le lacrime pungermi gli occhi, come vorrei che Alex fosse qui…

Passo tutto il giorno in casa, aspettando i miei figli, in ansia.

Rientrano che ormai è sera inoltrata. Appena sento infilare la chiave nella serratura, scatto in piedi e mi dirigo verso la porta. Eccoli lì, tutti e due, che entrano in casa, mi guardano e chiudono la porta alle loro spalle.

Tiro un sospiro di sollievo, mettendomi la mano davanti alla bocca.

– Mamma… stai bene? – mi chiede Paul.

– Ora sì, che siete qui… – gli sussurro.

Vado incontro ad entrambi, abbracciandoli. Con mia immensa felicità mi abbracciano anche loro, stringendomi. Scoppio in un pianto a dirotto, tanto… non ho fatto altro tutto il giorno.

– Vi prego, perdonatemi… – gli dico, singhiozzando – Vi ho deluso… Vi prometto che non lo farò mai più, non vi mentirò mai più… Mi dispiace tanto…

Loro si staccano da me, guardandomi, hanno gli occhi lucidi, entrambi.

– Mamma… – mi dice Sarah – non si tratta tanto di questo… eravamo preoccupati per te…

– Lo so – gli dico, asciugandomi le lacrime – È che mi sono successe tante cose, ultimamente, troppe… Non sono stata in grado di gestirle, ed ho commesso degli errori.

– L’importante è accorgersene – mi dice Paul, facendomi un debole sorriso.

– I miei amori – gli dico, accarezzando il volto di entrambi – L’unica cosa che mi importa, è che voi siate sereni e felici. Vi giuro che non lo farò mai più.

Paul e Sarah sospirano, quasi all’unisono.

– Mamma… – mi dice Paul – Noi non possiamo essere felici se non lo sei anche tu. È ora che pensi alla tua vita, e fai le tue scelte. Se vuoi, possiamo parlarne, ma è la tua vita. Noi ti amiamo comunque. Vorremmo solo che tu scegliessi quello che è meglio per te, quello che ti farebbe VERAMENTE felice.

Guardo Sarah, annuisce, in modo da farmi capire che la pensa come il fratello.

– Per ora non voglio fare nulla – dico ad entrambi – Voglio solo rimediare ai miei sbagli. Ho fatto del male alle persone che amo, alle persone che considero le più importanti della mia vita, voi ed Alex. Non dovrà succedere mai più.

– Mamma – mi dice Paul, ridendo – Con noi è già tutto a posto… È con “l’altro” che dovrai faticare… e non poco, secondo me.

Sorrido. Conosco molto bene Alex, è testardo, forte, terribilmente permaloso. Ed è un muro di cemento, quando ci si mette. Sarà dura, certo, durissima. Ma devo farlo.

– Lo so – gli dico, sorridendo – Lo so eccome.

continua…

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