OMBRE E LUCI DAL PASSATO – Capitolo 3

Alex

L’aereo atterra a San Francisco, perfettamente in orario. Non ho fatto altro che pensare ad Emma, per tutte le sei ore di volo. Non so come comportarmi, tutto il castello di carte che avevo costruito intorno a lei ora è improvvisamente crollato. L’amicizia che le dimostravo, aspettando, coltivando quel sentimento che ci lega… A cosa serve, ora? Si sono già dati appuntamento, si rivedranno, ed io mi rodo dalla gelosia.

Scendo dall’aereo, con il bagaglio a mano. Non ho valigie, ho dei vestiti a casa dei miei, per una settimana basteranno. Mi avvio subito all’uscita, e cerco con lo sguardo un viso amico.

Ecco Isabelle, mia sorella. Vedo la sua chioma bionda da lontano, la riconoscerei tra mille.

Mi vede anche lei, inizia a sbracciarsi come una pazza, è incredibile.

Ha 40 anni, tre figli, un marito, una casa, ed una carica che non so da dove arrivi…

– Alex! – mi grida.

Le vado incontro, abbracciandola stretta.

– Ciao, Isa! – le dico, baciandola sulla guancia.

Si allontana da me, e mi guarda negli occhi, sospettosa.

– È successo qualcosa? – mi chiede – Hai uno sguardo strano.

– No, tranquilla, tutto a posto – le dico. Mento, lo so, e so anche che se ne accorgerà.

– Alex, piantala!  – mi dice – Voglio sapere che cosa cazzo è successo.

– Complimenti, signora, per la finezza… – le dico, rimproverandola – Dai, andiamo a casa.

In macchina, continua a battere il chiodo, vuole sapere. Alla fine, cedo, e le racconto tutto.

– Vedi – mi dice, usando lo stesso tono che usa quando sgrida i suoi figli – Te lo dicevo, io, che stavi aspettando troppo… Mi dispiace dirtelo, ma è colpa tua. Se tu le avessi detto prima quello che provi per lei, forse ora non sarebbe successo tutto questo.

– Non puoi saperlo – le dico acido.

– No, hai ragione – mi dice, guardandomi seria.

Poi, sbuffa, e riporta l’attenzione sulla strada.

– Va bene, ho capito… Vedrò di darti qualche consiglio, in questi giorni… Vedremo se riuscirò a fartela conquistare… – replica, dandomi una pacca sulla spalla.

Mi metto a ridere, è fantastica, trova sempre un lato positivo in tutte le cose.

– Intanto, non osare chiamarla, in questi giorni. Mandale un messaggio, per dirle che sei arrivato, ma cerca di sentirla il meno possibile. Si farà un sacco di domande, in lei si insinuerà il dubbio…

Si volta ancora a guardarmi, e mi strizza l’occhio.

Scuoto la testa, sorridendo. Prendo il telefonino, per mandarle il messaggio.

– Mi raccomando, conciso, quasi freddo. Capito? – mi dice, seria.

– Sì, ho capito… – le dico, e sbuffo.

“Ciao. Arrivato a San Francisco, tutto bene. Ci sentiamo.” premo invia.

Passa qualche minuto, sento il segnale di un sms.

“Sicuro che vada tutto bene? Credevo che mi chiamassi…” è dispiaciuta… faccio un sorriso ironico, e leggo il messaggio a mia sorella.

– Vedi, che funziona? – mi dice, ridendo – sono una donna anch’io, sai? Non risponderle, per ora. Aspetta che arriviamo a casa, poi le rispondi con calma. Lascia che si roda un po’.

Sono indeciso, ma poi incrocio lo sguardo severo di Isa, e mi arrendo.

Infilo il telefonino in tasca e cerco di non pensarci.

 

Esco dalla doccia, mi avvolgo un telo intorno alla vita e prendo il rasoio, per farmi la barba.

Sento il tono di un sms che arriva. “Merda! Emma… mi sono dimenticato di risponderle…” tra i miei genitori, i miei nipotini, il tempo è volato, ed io non mi sono più fatto sentire…

Prendo il telefonino, e leggo il messaggio. È lei.

“Beh, sei ancora vivo?… Fatti sentire, mi stai facendo preoccupare…”

Faccio un sorriso, guardandomi allo specchio, forse Isa ha proprio ragione.

Decido comunque di risponderle, sono passate tre ore dal mio primo messaggio.

“Sì, tutto ok… un po’ preso da amici e parenti. Non preoccuparti, ti chiamo io.” premo invia.

Mi risponde subito.

“Ok… bacio. Mi manchi.” Mi si stringe il cuore. Mi manca anche lei, cazzo, da morire…

Vorrei tanto averla qui, con me, almeno per stringerla, sentire la sua pelle, il suo profumo.

“Anche tu mi manchi. Ti amo.” le scrivo. Aspetto un attimo, poi, cancello il messaggio.

Ripenso a John, ed al nostro ultimo incontro… mi sembra sia successo ieri.

 

Ero a casa, mi ha chiamato Emma, dicendomi che John aveva chiesto di vedermi.

Sono corso a casa loro, trafelato, credevo che fossimo vicino alla fine.

Appena entrato in casa avevo il cuore in gola, Emma mi è venuta incontro pallida, con gli occhi cerchiati.

– Ehi… – le ho detto, preoccupato – Stai bene?

– Sì… – mi ha risposto, tristemente – È stata dura, stanotte… è stato molto male. Ha chiesto di vederti, con urgenza, ti deve parlare.

Mi sono diretto verso la loro camera, dove al posto del loro letto c’era praticamente una stanza d’ospedale. Tutta la sua famiglia era intorno a lui.

Appena mi ha visto, John ha allungato la mano verso di me.

– Vieni, ragazzo… – mi ha detto. Mi chiamava sempre così, con affetto – prendi una sedia, mettiti qui accanto a me.

Ho fatto come lui mi ha chiesto, e mi sono seduto accanto al suo letto.

– Potete lasciarci soli, per favore? – ha chiesto ai presenti – Ho bisogno di parlare con Alex in privato.

Sono usciti tutti, tranne Emma.

– Emma, tesoro, anche tu, ti prego – le ha detto.

Emma ha sospirato, dispiaciuta, poi, lentamente, è uscita ed ha chiuso la porta.

Mi sono voltato verso di lui, osservandolo. Aveva un viso sofferente, stava male, molto male, nonostante la morfina.

– Allora, amico mio… – gli ho detto, prendendogli la mano – dimmi. Sono tutt’orecchi.

– Ho bisogno di chiederti un favore.

– Di cosa si tratta? – gli ho chiesto – Tutto quello che vuoi.

– Si tratta di Emma – mi ha risposto, girandosi verso di me.

– Non capisco… – gli ho detto, sottovoce.

– Lo so, che sei innamorato di mia moglie, sai? – mi ha detto, sorridendo mestamente – Del resto, come si fa a non amarla?

Sono rimasto pietrificato. Ho aperto la bocca, per ribattere, ma lui ha chiuso gli occhi, scuotendo leggermente la testa, per scoraggiarmi. Poi li ha riaperti, e mi ha sorriso.

– Voglio che tu mi prometta che ti prenderai cura di lei – mi ha detto – Voglio che tu le stia vicino, quando morirò, perché per lei sarà dura.

– Lo farò, te lo prometto – gli ho risposto.

– E vorrei tanto che lei si rifacesse una vita. È bella, intelligente, brillante… giovane. Non voglio che stia da sola, voglio che ami di nuovo… – si è interrotto, con un’espressione di dolore.

– Hai bisogno di qualcosa? – gli ho chiesto – Vuoi un po’ d’acqua?… Chiamo qualcuno?

– No, non voglio niente – mi ha risposto, a fatica.

Ho aspettato, dandogli tempo di riprendersi dalla fitta di dolore che lo aveva invaso. Ad un certo punto, dopo qualche minuto, l’espressione sul suo viso è tornata serena.

– Sono preoccupato, per Emma, Alex. Lei è fragile, emotivamente… Quando sarà pronta per rifarsi una vita con qualcuno… ho paura che commetta degli errori, ho paura che incontri la persona sbagliata, che non le dia quello che merita…

Io continuavo ad ascoltarlo, in silenzio, rispettando i suoi tempi.

– Vorrei tanto che lei scegliesse te. So che la ami, lo vedo da come la guardi, da come ti muovi, quando c’è lei… e so anche che la ami da tanto tempo. Non ho mai avuto il minimo dubbio sulla tua onestà, non ho mai avuto paura di lasciarvi soli. Ti conosco troppo bene… so che non avresti mai fatto nulla per ferire me e nemmeno avresti fatto qualcosa per ferire lei, rischiando di perderla.

Mi sono sentito gelare. Possibile, che lui avesse capito tutto? Ma come?…

– John, io… – non trovavo le parole per giustificarmi.

– Non devi giustificarti, è successo e basta. E tu ti sei comportato da uomo, finora. Io vorrei tanto che tu fossi la persona giusta, per lei… questo mi farebbe immensamente felice, sei onesto, sincero, sei un bravo ragazzo – mi ha detto, stringendomi la mano, come poteva – Ma questo, deve deciderlo Emma. Quindi, per favore, ti chiedo di non sforzarla, di non farle pressioni, perché lei ora sarà terribilmente fragile. Voglio che decida da sola della sua vita, che la viva, la sua vita… ne ha il diritto.

Ero senza parole. Non riuscivo più a parlare, un grosso nodo alla gola mi impediva persino di respirare.

– Ma tu stalle accanto, aspetta. Sono convinto che anche lei provi un sentimento di affetto profondo, per te. Si vede… – mi ha sorriso, debolmente – So che ti sto chiedendo tanto, davvero. Riuscirai a farlo? Riuscirai a starle vicino, aiutandola, sostenendola, e.… aspettando?

– Sì, certo, posso farlo – gli ho risposto, dal profondo del cuore – Te lo prometto.

– E voglio anche che tu la faccia divertire, come sai fare solo tu…- mi ha detto, dolcemente – Dopodiché, se lei ti sceglierà… avete già la mia benedizione.

Mi si è spezzato il cuore, in quel momento, di fronte a quell’uomo che stava morendo e che mi stava dicendo di prendermi cura di sua moglie, pur sapendo che ero innamorato di lei.

Inesorabili, le lacrime, hanno iniziato a scorrermi sulle guance.

– Non fare così – mi ha detto, piano – Io sono felice. Certo, avrei voluto vivere più a lungo, invecchiare con lei, vedere crescere i miei figli, diventare nonno. Ma è andata così, non posso farci nulla. Ma ogni giorno ringrazio la vita, che me l’ha fatta incontrare, mi ha reso felice, l’ho fatta felice. È stato bellissimo, ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo, di fianco a lei. Ed ora, che me ne sto andando, so che lei avrà te, il mio migliore amico. È al sicuro. Cosa posso volere di più?

In quel momento, tutto il mio “essere uomo”, è venuto meno, e sono scoppiato a piangere, appoggiando la fronte sul suo letto.

Lui mi ha accarezzato gentilmente i capelli.

– Ti prego, ora… – mi ha detto – Avrei bisogno di parlare con mio figlio, sento che non mi resta molto tempo… Puoi chiamarlo, per favore, e lasciarci soli?

– Sì, certo – gli ho detto, tirandomi su subito.

L’ho abbracciato, dandogli un bacio sulla fronte, e sono uscito, chiamando Paul.

Emma quando mi ha visto, ha barcollato, temendo il peggio.

– Non preoccuparti, sta bene, vuole parlare con Paul, ora – le ho detto, asciugandomi gli occhi – ora scusami, ma devo andare via.

Sono uscito, sconvolto, ed in ascensore ho pianto tutte le mie lacrime.

Quella notte, ha perso conoscenza, entrando in coma. Non si è più risvegliato, è morto dopo tre giorni.

 

Guardo il cellulare, ho promesso. L’ho promesso a lui. Chiudo il telefono e lo metto sulla mensola della specchiera. Mi siedo sul bordo della vasca da bagno, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e coprendomi il viso con le mani.

Non credo, comunque, di riuscire a vederla mentre si getta tra le braccia di un altro e ricomincia la sua vita. Questo proprio non credo di riuscire a farlo, John. Mi dispiace.

Emma

Anno nuovo. Oggi è il 1° gennaio, sono le 10 del mattino, non c’è nessuno, in giro.

Sono venuta a Central Park, a fare jogging, come tutti i sabati, quando vengo qui con Alex.

Ma oggi lui non c’è, tornerà stasera da San Francisco, finalmente. Non vedo l’ora di vederlo.

Mi è mancato, tanto… Il Natale è stato lungo, senza di lui, anche se l’ho passato con i miei figli, come la notte di Capodanno.

Stamattina sono uscita, nonostante la temperatura gelida. Mi sono coperta per bene, ho preso il mio iPod ed ho deciso di fare un po’ di movimento, per scaricare la tensione.

Domani, tornerà Michael, e sicuramente lo rivedrò.

Sono rimasta sconvolta dalla reazione che ha avuto il mio corpo, non credevo di desiderarlo ancora così tanto… Ma quello che mi ha sconvolto di più è che non sono riuscita a resistergli, e mi sono quasi odiata, per questo.

Ho pensato tanto a lui in questi giorni, a quello che è successo in passato ed anche a quello che è successo pochi giorni fa. Ho pensato anche al fatto che lui ha una moglie, e spudoratamente, mi ha baciato, nonostante pochi minuti prima mi avesse parlato di lei. La storia si ripete.

So che una relazione di questo tipo non mi porterà niente di buono, lui non cambierà mai ed io non sono disposta ad avere solo una parte del cuore di un uomo. Io lo voglio tutto intero.

Sono tesa, per domani, non so cosa mi aspetta, non so come reagirò e che intenzioni lui abbia.

Ma sono ancora più tesa per Alex.

Non mi ha chiamato, nemmeno una volta, da quando è partito. Mi ha solo mandato qualche sms, rispondendo a fatica ai miei. Non capisco cosa sia successo, non so nemmeno a che ora arriva stasera, non mi ha detto nulla.

“E se avesse incontrato qualcuno, a San Francisco?” penso “Non ci sarebbe nulla di strano, è bello, intelligente, brillante… in questi anni, dopo che Elena l’ha lasciato, le sue storie le ha avute… Anche se si è sempre trattato solo di sesso, almeno a sentire lui…”.

Mi fermo, con il fiatone. “E se avesse incontrato qualcuna, e stavolta fosse diverso?” Vengo invasa da un forte senso di inquietudine… “Non lo rivedrei più, probabilmente.”

In quel momento, sento il cellulare che vibra, in tasca.

Lo estraggo e vedo che mi è arrivato un messaggio di Alex. “Accidenti, che tempismo!” penso divertita. Sono improvvisamente felice, ma un attimo dopo averlo letto, la delusione mi invade.

“Sono arrivato, tutto bene. Ci vediamo domani in ufficio, ciao.”

È già qui, avremmo potuto vederci, ma lui…

L’inquietudine che provavo prima diventa un senso di angoscia, e si allarga nel mio petto.

Non voglio interrogarmi sul perché di questa sensazione, mi spaventa.

Prendo il mio iPod, mi inserisco le cuffie e lo accendo.

Le note di “Try” di Pink mi risuonano nelle orecchie, ricomincio a correre.

Basta, non voglio più pensare.

continua…

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Questo racconto è di proprietà di Samy P., è protetto da copyright e ogni riproduzione dell’opera, parziale o integrale, è vietata. È vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti, in qualsiasi forma, non autorizzata espressamente dall’autrice. Tutti i diritti sono riservati ©. L. 633/1941. Questo racconto è un’opera di fantasia di Samy P. Ogni riferimento a persone reali esistenti o esistite, fatti, luoghi o avvenimenti è del tutto casuale ed è frutto dell’immaginazione dell’autrice che ne ha fatto uso al solo scopo di dare maggiore veridicità alla storia.

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