IL REGALO DI UN ANGELO

Bologna, 8 dicembre 2013

Sono in una stanza, è leggermente illuminata da una luce fioca e sul fondo ci sono due poltrone e un camino, nient’altro.

Osservo la legna scoppiettare, rapita dalla sua bellezza, mentre il fuoco diffonde il suo stupendo calore tutto intorno a me.

Non riesco a capire dove sono, ma so che mi sento bene e in pace con me stessa, come non mi accadeva da tempo. Non c’è nessuna traccia dentro di me dell’inquietudine e della tristezza che mi riempiono la mente, il cuore e l’anima da cinque anni a questa parte.

Sorrido, so benissimo che è un sogno, ma non ho nessuna intenzione di svegliarmi.

In verità, non vorrei svegliarmi mai più.

Mi seggo sulla poltrona morbida e mi rendo conto che qualcuno probabilmente occuperà tra poco quella accanto alla mia.

Poi alzo lo sguardo e la vedo.

Cammina lentamente con il suo sorriso dolce, avanzando verso di me. La felicità di vederla e la disperazione per la consapevolezza che lei non c’è più mi lacerano il cuore e l’anima.

– Ciao, stellina – mi dice. Si siede accanto a me e mi sorride, come se non fosse successo nulla.

– Ciao mamma – le rispondo con la voce incrinata. – Mi sei mancata.

– Lo so, tesoro…

Mi guarda dolcemente con un sorriso sereno. Vorrei abbracciarla, stringerla a me, sentire ancora il suo buonissimo profumo ed il suo calore, ma so che purtroppo non è possibile.

– Tra poco sarà Natale, perché non hai ancora fatto l’albero? – mi domanda.

– Ho cambiato idea sul Natale, mamma… ora lo odio, non mi va di festeggiare.

Sorride tristemente, scuotendo la testa.

– Ti è sempre piaciuto…

– Sì, tanti anni fa lo adoravo, ma da quando tu non ci sei più non ha più senso… Nulla ha più senso, ormai.

– Non voglio sentire questi discorsi, Cristina – mi dice seria – so cosa passa in quella tua testolina, sai? Anche tu mi manchi, ma preferisco che tu stia lì, non qui con me.

So benissimo a cosa si riferisce.

Ho pensato spesso di farla finita, ultimamente, ma probabilmente non ne avrò mai il coraggio. Dopo che io e Francesco ci siamo lasciati, dieci anni fa, il mondo mi è crollato addosso, e se non fosse stato per la mia mamma… non mi sarei più ripresa.

Ma cinque anni fa lei è morta, e da allora… tutta la mia solitudine mi è piovuta addosso.

– Smettila – mi ribadisce, facendomi capire che sa a cosa sto pensando. – Piuttosto… che regalo vorresti quest’anno, per Natale?

La guardo incuriosita. Che domanda strana… rispondo di getto, pensando all’unica cosa che mi manca, in questo momento.

– Un po’ di felicità.

Lei mi sorride dolcemente.

– Chissà, può darsi che arrivi, tesoro… Non si può mai sapere cosa ci riserva la vita.

– Mai perdere la speranza, vero, mamma? – le dico sorridendo.

– Perché non mi chiedi cosa vorrei io? – mi domanda improvvisamente, ed ho quasi l’impressione che stia ridendo sotto i baffi. Mi incuriosisce ancora di più, e decido di stare al suo “gioco”.

– Va bene. Cosa vorresti come regalo di Natale, mamma? – le chiedo.

– Vorrei tornare a Parigi. Sai… io ed il tuo papà ci siamo andati in viaggio di nozze, ed è stato splendido. Mi piacerebbe visitare di nuovo quei bellissimi luoghi.

Il mio papà. Anche lui mi manca tanto, è morto quando avevo dieci anni.

Era un uomo forte, con grandi mani rese ruvide dal lavoro, ma capaci di teneri abbracci e dolci carezze. È stata dura senza di lui, ma io e la mamma abbiamo dovuto andare avanti, facendoci forza a vicenda.

– Sarebbe bello – le sussurro.

– Senti, facciamo una cosa – mi dice improvvisamente – perché non ci vai tu? In questo modo farai un regalo a me e lo farai a te stessa. Hai veramente bisogno di un po’ di riposo…

– Cosa? Ma è impossibile, come faccio con i miei ragazzi, ho lezioni e compiti in classe, in più ho anche il consiglio di istituto.

– Ma la scuola chiude per le feste di Natale, no? – mi dice dolcemente – Perché non vai a Parigi a passare il Natale ed il Capodanno? Tornerai in tempo…

Sorrido, pensando alla pazzia che mi sta chiedendo di fare.

– Ma come, mamma… A Parigi, da sola?

– Perché, qui come sei? – mi chiede – Almeno là avresti tante cose da vedere…

– Oh, certo… – le rispondo ironicamente – Sicuramente non mi annoierei!

– E poi… devo chiederti un favore – mi sussurra imbarazzata.

– Sarebbe?

– Nel giardino del Louvre c’è un piccolo bar, una specie di chiosco – mi dice sorridendo – Fanno delle baguette strepitose e ottime crepes. Vorrei che tu per la Vigilia di Natale andassi lì a pranzo, e poi vorrei che tu prendessi un buon caffè… pensando a me.

Sorrido tristemente, scuotendo la testa.

– Ti prego… fallo per me – mi implora lei.

Mi sorride dolcemente, e sotto il suo sguardo vedo una tristezza infinita che mi spezza il cuore.

– Va bene, mamma… – le sussurro – Prometto che ci penserò.

La tristezza svanisce dal suo viso lasciando il posto ad un sorriso splendido e felice.

 

Apro gli occhi.

Mamma.

Francesco.

Eccole, le prime persone a cui penso ogni mattina appena sveglia. Mi alzo stiracchiandomi, mi infilo un golf di lana pesante lungo fino alle ginocchia e mi avvio in cucina.

Che strano sogno… sembrava vero, sembrava che lei fosse lì.

Mi guardo intorno ed osservo il mio grande appartamento vuoto, troppo vuoto.

Manca poco a Natale, ma in casa mia non c’è né albero, né presepe, né alcun tipo di festone o ramo di vischio appeso, in attesa di qualche bacio che non arriverà mai…

Accendo distrattamente la macchinetta del caffè, e mentre si scalda mi avvio in bagno, per studiare allo specchio il mio viso stanco. Prendo un elastico e cerco di raccogliermi la massa di ricci castani che mi scendono ormai oltre le spalle. Li fisso in una coda morbida, mentre alcuni riccioli mi scendono comunque lungo il viso. I miei grandi occhi verdi sono scavati, circondati da profonde occhiaie. La mia espressione è seria, triste.

Ho 35 anni, ma in questo momento ne dimostro almeno dieci di più.

Apro il rubinetto e mi sciacquo il viso con l’acqua gelida, poi mi tampono con un asciugamano morbido e torno in cucina, per il mio primo caffè della giornata.

Il caffè per me è un rito. So che sembrerà una fissazione, ma mi piace così.

Un espresso con una goccia di miele, schiuma di latte e una spolverata di cacao amaro.

Mentre lo preparo, come ogni giorno, inevitabilmente penso a tutte le mattine che me lo ha preparato Francesco, dopo l’ennesima notte passata a fare l’amore. La mia gola viene istantaneamente chiusa da un nodo, i miei occhi si inumidiscono.

Quanto mi manca, ancora. Quanto lo amo, ancora.

Ci siamo conosciuti alla scuola materna, eravamo proprio due pesti. Già allora, nonostante la tenera età, facevamo “coppia fissa”, essendo nati entrambi nel ’78.

Poi le scuole elementari insieme, stessa classe, vicini di banco.

Poi le scuole medie, anche lì stessa classe e vicini di banco. Fu proprio allora che cambiarono le cose, a quella festa di compleanno, in terza media. Sorrido dolcemente, mentre penso a quel nostro primo bacio, seguito da una risata e… da tanti altri baci, mentre le note di “Ho messo via” del Liga davano inizio alla nostra storia d’amore.

Finite le scuole medie arrivò il liceo classico e l’università di lettere e filosofia. Sempre insieme anche allora, poi le nostre strade si sono irrimediabilmente divise.

Io volevo fare l’insegnante di italiano e lui il giornalista; quindi, dopo che ebbe frequentato un paio di master arrivò la proposta. Stati Uniti, per due anni.

Lui accettò, e la conseguenza della sua scelta fu la nostra rottura.

Prima che lui partisse abbiamo parlato a lungo, mi ha spiegato che fare il giornalista era il suo sogno, e non sapeva che cosa avrebbe trovato oltre l’oceano. Non se l’è sentita di chiedermi di aspettarlo, ma se solo lo avesse fatto… io l’avrei aspettato, sempre.

Ci siamo sentiti diverse volte dopo che è partito, ma poi le telefonate si sono diradate sempre di più, fino a quell’ultima telefonata, quel terribile giorno.

Mi ha detto che era convinto che ci stessimo solo facendo del male, che lui aveva una sua vita là, ed io una vita qui, e che… mi amava, e mi avrebbe amato per sempre, ma era meglio troncare definitivamente la nostra storia. Ho cercato di dissuaderlo, ma era irremovibile. Mi ha chiesto di perdonarlo e poi ha riattaccato il telefono.

In quell’istante il mondo mi è crollato addosso, e se non ci fosse stata la mamma… non so come avrei fatto.

Da allora non ho più avuto sue notizie, non l’ho mai più visto e non so nemmeno dove sia, se si è sposato e se ha avuto dei figli. Da parte mia, in questi anni mi sono buttata in una storia dietro l’altra, per colmare il vuoto che mi aveva lasciato lui, ma non è servito a niente. Il vuoto è ancora lì, e le storie con gli altri uomini sono state solo dei disastri colossali.

Chissà come sono andate le cose per lui, chissà se è felice, chissà se si è innamorato di nuovo…

L’immagine di lui accanto ad un’altra donna mi fa sentire male, troppo male.

Decido di accendere lo stereo per smettere di pensare, ed anziché la musica stanno trasmettendo la solita pubblicità.

Mi siedo ed inizio a gustarmi il caffè, ma quello che sento alla radio mi sconvolge.

“Avete bisogno di una vacanza? Volete allontanarvi dallo stress e da tutti gli impegni che vi travolgono? Venite da noi, Rossi Tour, in viale Indipendenza a Bologna. Abbiamo offerte per le vacanze di Natale, prenotiamo voli, hotel e pacchetti turistici comprensivi di Cenoni di Capodanno. Rossi Tour! Venite da noi, realizzeremo tutti i vostri sogni!”

Non posso crederci. Spengo lo stereo inorridita, ripensando al sogno di stanotte.

Accendo la televisione, e stanno trasmettendo “Il gobbo di Notre Dame”. Sempre più inorridita cambio canale e trovo “Ratatouille”… non posso crederci. Cambio canale di nuovo, e mi trovo di fronte alla bellissima Kate Hudson, in “Le divorce – americane a Parigi”.

Spengo subito il televisore, spaventata, e getto il telecomando sul divano.

Alzo gli occhi al cielo e sbuffo, sollevando le braccia in un gesto plateale.

– Va bene, mamma! Ho capito!

Parigi, 24 dicembre 2013

Mi domando di nuovo cosa ci faccio qui, ed inevitabilmente scuoto la testa con un sorriso.

Per fortuna è una giornata di sole, e nonostante il freddo non si sta male all’aria aperta.

Ho appena finito di mangiare una baguette con il pollo e verdure – squisita, tra l’altro – e vorrei tanto ordinare una crêpe, ma sono veramente sazia.

Il cameriere si avvicina per sparecchiare e con tono gentile mi chiede se voglio un caffè.

Purtroppo, io ed il francese non siamo mai andati molto d’accordo, come farò ora per chiedergli il “mio” caffè? Prendo un respiro e mi accingo a fare l’ordine, ma una voce profonda alle mie spalle mi precede, facendo la mia ordinazione in un francese impeccabile.

Riconosco perfettamente quella voce, ed il mio cuore si ferma.

– Un espresso con una goccia di miele, schiuma di latte ed una spolverata di cacao amaro. Spero che i tuoi gusti non siano cambiati… – mi dice poi dolcemente.

Mi metto una mano davanti alle labbra e mi accorgo che tremano visibilmente. Gli occhi mi si riempiono di lacrime, lacrime di gioia.

– Oddio… – sussurro mentre mi volto verso di lui.

I miei occhi incontrano i suoi, particolari, inconfondibili… di quel miele caldo, che non ho mai dimenticato.

– Franci… – gli dico, alzandomi.

– Ciao, Cri – mi risponde lui, con gli occhi lucidi ed un sorriso splendido.

Senza pensarci due volte gli butto le braccia al collo, lasciando che lacrime di gioia mi scorrano sulle guance. Lui mi stringe la vita, stretto, e tuffa il viso nei miei capelli inspirando profondamente.

– Oddio, Franci… Cosa ci fai a Parigi? – gli chiedo, staccandomi da lui ed asciugandomi le lacrime con il palmo della mano.

– Sono venuto a trovare mia sorella, abita qui. Cosa ci fai tu, piuttosto!

– Sono venuta in vacanza… – gli rispondo sciogliendomi dal suo abbraccio.

Lui si rabbuia un attimo in viso.

– Scusami, non volevo disturbarti, sei in compagnia?

– No, sono sola – gli rispondo sorridendo – Dai, siediti con me.

Ci accomodiamo al tavolo, mentre il cameriere arriva con i nostri caffè. L’espresso francese non è proprio come quello italiano, ma me lo farò andar bene, per stavolta. Anche perché al mio fianco ora ho qualcuno che cattura tutta la mia attenzione… potrebbero darmi del petrolio da bere che non farebbe nessuna differenza.

– Allora, come stai? – mi chiede lui stringendomi la mano – Che bello vederti.

– Insomma… sono stata meglio – gli rispondo – Tu, piuttosto… dimmi di te.

– Io sono sempre in viaggio – mi dice – Sono venuto a trovare Ilaria per le feste di Natale, che ha sposato un mio collega che abita a Parigi. Ci sono anche i miei, sai?

– Ma davvero? – gli chiedo stupita – Come mai siete tutti qui?

– Ilaria non riesce a muoversi, sembra una mongolfiera – mi risponde ridendo – Aspetta due gemelle, tra venti giorni le faranno il cesareo.

– Due figlie? – gli chiedo sgranando gli occhi.

– Sì, ha già un maschietto di due anni, Matteo, un’adorabile peste. Volevano il secondo ma sono passati direttamente al terzo… E tu? Figli? – mi chiede poi serio.

– No – gli rispondo – Nessun figlio e nessun marito, nemmeno fidanzati… libera come l’aria. Tu?

Sorride, mentre sorseggia il caffè.

– Nessuno, nemmeno io – mi risponde guardandomi intensamente.

Su di noi cala immediatamente un silenzio imbarazzante, fino che lui non si decide ad interromperlo.

– Quindi sei venuta qui da sola? – mi chiede incuriosito.

– Sì… Avevo bisogno di cambiare un po’ aria.

Mi osserva intensamente, stringendo gli occhi.

– Perché prima hai detto “Sono stata meglio”? È successo qualcosa? – mi chiede a bruciapelo.

Prendo un respiro profondo, mi sono chiesta tante volte perché non sia venuto al funerale di mia madre, la sua assenza mi ha distrutto. È venuto il momento di dare una risposta ai miei perché.

– Sto attraversando un periodo un po’ difficile. Cinque anni fa è morta mia madre per un tumore al seno, ed io non riesco a superarlo.

Lui sgrana gli occhi, sbiancando in volto. Sa perfettamente quanto fossimo legate.

– Oh, mio Dio, Cri… Non lo sapevo… – mi dice avvicinandosi a me con la sedia e prendendomi tra le braccia – Ma quando è successo?

– Il 18 settembre 2008 – gli rispondo mestamente.

– Accidenti… ecco perché non lo sapevo. Io ero negli Stati Uniti, sono stato là sei mesi, sono rientrato proprio alla fine di settembre. I miei erano a Parigi, mia sorella si è sposata il 4 ottobre, la stavano aiutando per i preparativi… Ma perché non mi hai chiamato?

– Non sapevo nemmeno dove fossi… – gli rispondo, beandomi del suo abbraccio – Mi sei mancato tanto…

– Anche tu – mi sussurra lui, accarezzandomi i capelli e depositandovi poi un bacio leggero.

Restiamo lì qualche minuto, abbracciati. Assorbo le sue carezze, il suo calore, il suo bacio sui capelli come se fossi un’assetata nel deserto che è finalmente arrivata ad una fonte di acqua fresca.

– Senti – mi dice improvvisamente – Sai che facciamo? perché stasera non vieni da noi a cena?

– No, Franci… – gli rispondo, staccandomi da lui e guardandolo negli occhi – È una serata in famiglia, non voglio intromettermi.

Lui aggrotta le sopracciglia, e mi fissa serio.

– E tu credi che io ti lasci, la sera della Vigilia di Natale, in un hotel a mangiare da sola? O peggio, in camera? No, tu vieni a casa con me… E poi i miei saranno felicissimi di vederti.

Devo ammettere che stare da sola stasera, soprattutto dopo averlo rivisto, non sarebbe proprio una bellissima idea… Oserei dire che sarebbe quasi distruttivo.

– Va bene, allora – gli dico sorridendo timidamente – Però devi permettermi di portare qualcosa.

– D’accordo, ci sto. E gli faremo una sorpresa, non gli dirò nulla… – dice ridendo sotto i baffi – Non vedo l’ora di vedere le loro facce…

 

Nel pomeriggio visitiamo Parigi, Francesco la conosce alla perfezione e parla un francese impeccabile. Mi fa da guida, illustrandomi i monumenti e raccontandomi un po’ della loro storia.

Alcune volte ci prendiamo per mano, come due ragazzini, a volte mi passa il braccio intorno alle spalle, in segno di possesso e protezione. Non è cambiato, in tutti questi anni.

Mi fermo a prendere alcune bottiglie di vino ed alcuni pensieri per Elena, Ilaria, il piccolo Matteo e le due gemelle in arrivo. Dopo diversi chilometri a piedi arriviamo a casa di Ilaria.

L’appartamento è all’ultimo piano di una palazzina d’epoca, vicino a Porte Dauphine. La vista deve essere spettacolare, da lassù. Francesco suona il campanello per tre volte, e qualcuno gli apre il portone, senza chiedere chi è.

Entriamo e saliamo in ascensore, trattenendo a stento le risate. Sembriamo ancora i due ragazzini che ne combinavano di tutti i colori, insieme. Arriviamo al piano, e lui si mette l’indice davanti alle labbra prima di aprire la porta dell’ascensore.

Usciamo silenziosamente e noto la porta dell’appartamento aperta, leggermente accostata.

– Aspetta qui – mi sussurra lui, prima di aprire la porta.

– Sono arrivato, ciao! – dice a voce piuttosto alta – E… ho un ospite, con me.

– Chi? – sento che gli chiedono. Riconosco perfettamente la voce di Elena, sua mamma.

– Ehm… mi ha seguito fino qui, posso tenerla? – gli dice Francesco, ridendo.

– Cos’hai trovato, un cane? Ti prego, dimmi di no! – gli dice di nuovo Elena.

– No, ho trovato qualcosa di meglio – risponde dolcemente, prendendomi per un braccio e trascinandomi dentro l’appartamento.

Tutti gli sguardi sono puntati su di me, le bocche sono tutte spalancate per lo stupore.

– Cristina! – grida Elena mentre mi corre incontro – Che bello vederti, fatti abbracciare!

Mi abbraccia forte, facendomi salire le lacrime agli occhi. Rispondo al suo abbraccio, felice di vederla. Siamo sempre state affiatate, noi quattro. Io, la mamma, Ilaria ed Elena.

– Ma chi è questa bellissima donna? – mi chiede Mauro, il padre di Francesco, mentre mi abbraccia e mi bacia sulle guance – Fatti guardare, sei una meraviglia.

– Grazie, Mauro, anche voi siete splendidi. Ma… Ilaria? – chiedo.

Francesco chiude la porta alle nostre spalle, e dà la borsa con le bottiglie di vino che ho preso per loro a sua madre.

– Sarà in bagno, come al solito – risponde ridendo – Vero?

– Ti ho sentito! – si sente gridare, dal fondo dell’appartamento – Aspettami, Cri, arrivo!

Mi si avvicina un uomo alto, sulla quarantina, con i capelli biondi e due stupendi occhi azzurri, immagino sia il marito di Ilaria. Ha un bellissimo bambino in braccio, l’esatta copia di Franci da piccolo. Mi sento quasi mancare.

– Piacere, io sono Luca, il marito di Ilaria, e questo è Matteo – mi dice indicando il piccolo.

– Ciao, bellissimo! – gli dico, prendendogli una manina.

– Ciao… – mi dice lui timidamente.

– Non farci caso… fa il timido, ma appena rompe il ghiaccio è una vera peste – dice Luca sorridendo. Poi mi fissa incuriosito – Finalmente conosco la famosa Cristina…

Con la coda dell’occhio vedo Franci che lo fulmina con lo sguardo.

In quel momento vedo una sagoma emergere da un corridoio, mentre si muove a fatica e brontola.

– Cristina… – mi dice allargando le braccia – Che bello vederti, vieni qui!

Mi avvicino a lei, commossa. Quanto ci siamo divertite, insieme. Lei ha due anni in più di me e Franci, ma ne abbiamo combinate di tutti i colori.

La abbraccio, baciandola sulle guance.

– Come stai? – le chiedo con un’espressione comprensiva.

– Non ce la faccio più… – mi dice toccandosi la pancia enorme – Se avessi saputo che c’era il rischio che fossero due… Lo avrei spinto via con un calcio, quello!

Indica suo marito, in tono accusatorio, poi mi guarda teneramente.

– Ma dimmi di te – mi sussurra – Hai un’espressione triste, cosa c’è?… Saranno passati anni, ma tu sei sempre la mia Cri, ti conosco.

– Non sta passando un momento facile – risponde Franci per me.

– Cosa succede? – mi chiede Ilaria.

– La mamma è morta, cinque anni fa – riesco solo a dirle.

– Oddio, non lo sapevamo… – sussurra Elena, mentre le vengono le lacrime agli occhi.

– Non preoccupatevi – dico loro scuotendo la testa – Lo so.

Cristina mi guarda, portandosi una mano sulle labbra, sa benissimo quanto ero legata a lei.

– Coraggio, prepariamo la cena – dice Franci, avvicinandosi a me e massaggiandomi la schiena.

– Sì, meglio – rispondo io – Non parliamone più, per favore, oggi è un giorno di festa.

Aiuto volentieri Elena in cucina, mi aiuta a distrarmi. Insieme prepariamo un cenone di Natale con piatti di pesce piuttosto elaborati, che richiedono impegno.

Mi chiede come vanno le cose, il mio lavoro a scuola, le mie amicizie. Rispondo in tono rassicurante, dicendole che comunque sto bene e che cerco di andare avanti. Capisce che le sto mentendo, ed a volte la vedo che mi osserva con aria preoccupata.

– Come mai non ci siamo più rivisti? – le chiedo, cercando di cambiare argomento – Da quando Francesco è partito per gli Stati Uniti non ho più rivisto nessuno di voi.

– Abbiamo venduto l’appartamento di Bologna ed abbiamo preso una piccola casa fuori città. Poi quando Francesco è tornato dagli Stati Uniti, ha portato a casa un amico, era Luca. Lui ed Ilaria hanno iniziato a frequentarsi subito, e dopo poco tempo sono venuti a vivere insieme qui a Parigi. Francesco ha continuato a girovagare per il mondo, ed io e Mauro… ce ne stavamo a casa, da soli, a riposare.

Ecco perché non li ho più visti, si sono trasferiti… D’altra parte, se fossi almeno passata sotto la loro “ex” casa a Bologna almeno una volta, mi sarei certamente accorta che non stavano più lì.

Ma ho evitato accuratamente quella zona, avevo troppa paura di incontrare Francesco.

– Allora, io inizierei ad apparecchiare – dice Francesco, facendo capolino dalla porta – Voi siete pronte?

– Quasi – gli risponde Elena – Perché, intanto, non ci versi un bicchiere di vino bianco?

– Farò qualcosa di meglio, lo verserò a voi e a me! – esclama ridendo.

Apre il frigo e prende una bottiglia di champagne, la stappa e riempie tre calici di cristallo.

Ne porge uno a me, uno a sua mamma e ne tiene uno per sé.

– Allora, a cosa brindiamo? – dice con un sorriso – Agli incontri sorprendenti, no?

Ci mettiamo a ridere e facciamo tintinnare i bicchieri. Lui ne beve un sorso poi lo appoggia sulla penisola della cucina. Si sporge verso di me e mi dà un bacio su una guancia.

– Vado ad apparecchiare – mi sussurra – A dopo.

Si dirige in salone, lasciandomi lì inebetita. Elena mi osserva, sorridendo.

– Gli sei mancata molto, sai? – mi sussurra, controllando che lui non rientri in cucina – Ha sofferto tanto quando vi siete lasciati. L’averti incontrato oggi l’ha reso molto felice, è sorridente come non lo vedevo da tanto tempo.

Chino gli occhi sul piano di lavoro, evitando di rispondere. Continuo imperterrita a tagliare le fettine di limone per le tartine al salmone, facendo finta di niente. Non voglio che capiscano che i miei sentimenti per lui non sono cambiati, ora che l’ho ritrovato non voglio più perderlo, a costo di dovermi accontentare solo della sua amicizia.

 

Usciamo dalla cucina con i piatti degli antipasti, e resto folgorata dalla bellezza del salone e dalla fantastica vetrata che offre una vista spettacolare sulla Tour Eiffel.

Proprio lì davanti c’è anche un grande albero di Natale illuminato che domina la stanza.

Francesco ha steso una bellissima tovaglia rossa sul grande tavolo da pranzo, ha apparecchiato con piatti bianchi di ceramica e bicchieri di cristallo. Ha sistemato tre grandi centritavola con candele, che danno un’atmosfera magica e calda all’ambiente.

Vedo che si avvicina allo stereo, e – chissà come mai – prende un cd del Liga. Lo inserisce nell’apposita fessura, accende lo stereo e le note di “Ho messo via” del Liga si diffondono nella stanza… Ha messo la nostra canzone. Sento un groppo in gola e lo osservo, incrociando per un attimo il suo sguardo. Per un attimo è come se tutto scomparisse, intorno a noi, e di colpo mi sento ancora la ragazzina di tredici anni che dava il suo primo bacio all’amore della sua vita.

Lui sorride ed abbassa gli occhi, avvicinandosi al tavolo.

Posiamo i piatti con le tartine al salmone, il polipo con le patate e le capesante gratinate sul tavolo.

Francesco viene immediatamente vicino a me e mi prende la mano.

– Vieni, siediti qui – mi dice facendomi accomodare accanto a lui.

– Grazie – gli rispondo io sottovoce, mentre tremo per le emozioni intense che sto provando.

Fortunatamente la serata trascorre piacevolmente in un’atmosfera distesa, la compagnia è ottima e lentamente, mi rilasso.

Faccio i complimenti ad Elena per la sua cucina, è sempre stata un’ottima cuoca. Dopo gli antipasti ha preparato linguine con l’astice e pennette al salmone. Come secondo, un fantastico branzino arrosto con patate.

Mentre ceniamo, osservo Francesco, quando so che lui non mi vede.

È ancora più bello di allora.

I capelli castani sono molto corti, come li ha sempre portati. Gli occhi… beh, quelli sono il suo tratto distintivo, color del miele, caldi e sensuali, incorniciati da folte ciglia.

Il naso sottile e la bocca carnosa risaltano sul suo bellissimo viso.

Ha sempre avuto un fisico atletico, asciutto e ben proporzionato. Ora, con il passare del tempo, ha acquistato ancora più vigore, sembra essere addirittura più possente.

È tenero, dolce ed allegro, come è sempre stato. È premuroso, come allora.

Chissà se anche lui mi ha pensato, in questi anni, anche solo per un attimo.

Mi tornano in mente le parole di Elena, in cucina. “Gli sei mancata molto, sai? Ha sofferto tanto quando vi siete lasciati. L’averti incontrato oggi l’ha reso molto felice, è sorridente come non lo vedevo da tanto tempo”.

Il mio cuore ha un sussulto… E se, anche lui…?

 

Dopo che Luca ha sistemato Matteo a letto, ingaggiamo una partita a carte senza esclusione di colpi, in attesa della mezzanotte.

Come fiches utilizziamo delle vecchie carte da scala 40, e come al solito Francesco sbanca tutti. Dobbiamo tutti andare in prestito da lui, che segna su un taccuino tutti i nostri debiti. Finita la partita – come ha sempre fatto – straccia il biglietto fingendo di essersi sbagliato.

In un attimo è già mezzanotte, Luca indossa un costume da Babbo Natale e sveglia il piccolo Matteo, che entusiasta apre i regali. In verità tutti hanno un pacchetto, tranne me.

Elena ed Ilaria mi guardano mortificate.

– Noi non abbiamo nulla, per te, Cristina – mi dice Elena – Scusaci, ma non immaginavamo…

– Non preoccupatevi, mi avete offerto la cena, è più che sufficiente – gli rispondo.

Poi mi torna in mente il mio sogno, che mi ha spinto a venire qui.

– In realtà, io il mio regalo l’ho già ricevuto – dico loro sorridendo.

Guardo un attimo Francesco, che mi sta fissando con uno sguardo intenso.

Abbasso lo sguardo imbarazzata, dal momento che un caldo languore mi sta attanagliando il ventre. Improvvisamente lui si alza, viene verso di me e mi porge la mano.

– Vieni – mi dice – Si è fatto tardi, ti accompagno in hotel.

Gli prendo la mano e mi alzo, dirigendomi verso la porta per indossare la giacca.

– Cristina, ti aspettiamo domani a pranzo – mi dice Elena, sorridente – Anche se siamo a Parigi ho preparato il brodo e fatto i tortellini, non puoi mancare…

– Va bene, grazie – gli rispondo dolcemente – A domani, allora.

Saluto tutti ed io e Francesco usciamo nella fredda notte Parigina.

La Ville Lumière è un vero spettacolo. In lontananza vediamo l’Arco di Trionfo illuminato.

Tutte le strade sono addobbate di luci e colori e le persone in strada camminano sorridenti e felici.

Francesco mi prende per mano, mentre ci dirigiamo in hotel a piedi. È piuttosto vicino, in questo modo possiamo fare una passeggiata e chiacchierare un po’.

– Finalmente soli – mi dice sorridendo.

– Sono stata benissimo stasera – gli rispondo – Se non fosse stato per voi…

Lui intreccia le dita alle mie e muove il pollice accarezzandomi il dorso della mano, come faceva sempre quando stavamo insieme. Sospiro, ricordando i tempi passati.

Le chiacchiere tanto sperate non arrivano, giungiamo al mio hotel in un silenzio quasi irreale.

Lui mi trattiene un attimo, prendendomi anche l’altra mano.

– Sono contento di averti incontrato, oggi – mi dice sorridendo mestamente.

– Anch’io sono contenta – gli rispondo – E grazie per la magnifica serata.

– Ci vediamo domani, allora. Buon Natale, Cri – mi risponde, posandomi un leggero bacio sulla guancia.

– Buonanotte Franci.

Si allontana, ed io lo osservo camminare lentamente nella notte. Avrei tanto voluto un bacio…

Improvvisamente lui si ferma e si volta indietro, fissandomi. Si dirige verso di me con passo deciso e mi prende il volto tra le mani.

– Vuoi sapere perché ero nel giardino del Louvre, oggi? – mi chiede con voce roca.

– Perché? – gli domando tremante.

– Ti ho sognato, ieri notte. Eri lì seduta che mangiavi una baguette, ed aspettavi. Io volevo venire da te, ma non so chi stessi aspettando, e non riuscivo ad avvicinarmi, avevo paura… – mi risponde guardandomi intensamente negli occhi – Mi sono svegliato di soprassalto, con il respiro corto. Ho deciso di venire al Louvre e ti ho visto, quasi non riuscivo a crederci che tu fossi veramente là. Non immagini nemmeno da quanto tempo ero lì ad osservarti, ci ho messo una vita a decidermi di venirti a parlare.

Mi sorride dolcemente.

– Non c’è stato un solo giorno, in questi dieci anni, durante il quale io non ti abbia pensato almeno una volta – mi sussurra – Ero in giro per il mondo, ma ogni mattina il mio primo pensiero era per te, ed ogni sera il mio ultimo pensiero eri tu… Oddio… sono stato un pazzo a lasciarti.

– No, dovevi farlo – gli rispondo – Dovevi seguire i tuoi sogni e realizzarli.

– Ma il mio sogno eri tu – mi dice con voce roca – Purtroppo l’ho capito solo troppo tardi.

– Ma se tu non fossi partito e fossi rimasto per me… io non me lo sarei mai perdonato. È stato giusto così, tu ora sei un giornalista affermato, ed hai una fantastica carriera davanti.

– Sì, ho una fantastica carriera davanti, ma ora ho qualcosa di più importante a cui pensare. Sei tu. Ora, più di qualsiasi altra cosa, voglio provare a trovare un modo di conciliare la mia vita di giornalista con la tua di insegnante – Mi dice dandomi un leggero bacio sulle labbra – Perché ora che ti ho ritrovato non voglio perderti, mai più.

Le sue parole mi entrano dentro, colmando il vuoto che si era formato nel mio cuore in questi lunghi anni. Ora capisco. Capisco che allora non eravamo pronti, capisco che eravamo giovani, avevamo troppi sogni e ideali da realizzare, ma ora siamo pronti. Metto le mani sopra le sue e lo guardo negli occhi.

– Ti amo, Franci – gli sussurro – Non ho mai smesso di amarti.

– Ti amo anch’io, Cri – mi dice, ed un istante dopo le sue morbide labbra sono sulle mie.

Indugia, solo per un attimo. Poi mi stringe a sé, e dolcemente infila la lingua tra le mie labbra e la mia bocca la accoglie, riconoscendola immediatamente. Il bacio che ci scambiamo è disperato, appassionato, romantico… e lungo, meravigliosamente lungo.

Mi abbraccia, facendo scorrere le sue mani sulla mia schiena, arrivando fino alle mie natiche. Mi attira a sé, e nonostante l’abbigliamento pesante riesco a sentire la sua potente eccitazione.

Gemo nella sua bocca, aggrappandomi alle sue braccia.

– Ti voglio, Cri – mi sussurra, tra un bacio e l’altro – Ti voglio da impazzire…

– Ma non possiamo, qui… – gli dico – Non puoi venire in camera con me.

– Ti confesso un segreto – mi sussurra ad un orecchio – Questo hotel… ci sono venuto spesso, quando mia sorella si era appena sposata. Non volevo disturbarli e mi fermavo fuori a dormire. Scommetto che se entriamo insieme non faranno molte storie… Proviamo?

Lo guardo intensamente. Certo che voglio fare l’amore con lui, ed anche subito… Lo prendo per mano ed entro passando dall’ingresso principale, dirigendomi verso la hall.

Un signore di mezza età osserva me e poi Francesco.

– Monsieur Montanari! – gli dice cordialmente.

Si scambiano velocemente alcune parole in francese e poi li vedo sorridere entrambi.

Francesco mi prende per mano e mi porta verso l’ascensore.

– Cosa gli hai detto? – gli chiedo incuriosita.

– La verità – mi dice lui alzando le spalle – Che la mia ragazza era venuta a trovarmi per le feste di Natale e che i prossimi giorni sarei rimasto qui con lei. Tanto hanno già in archivio i miei dati.

Una felicità intensa mi investe come un treno in corsa, togliendomi la parola ed il respiro.

Francesco mi guarda, strizzandomi l’occhio. Si mette a ridere, mentre arriva l’ascensore e si spalancano le porte.

Entriamo in ascensore, e non appena le porte si chiudono lui mi spinge contro la parete, baciandomi di nuovo. Le sue mani sono dappertutto, stringendomi, accarezzandomi e facendomi capire quanto mi desidera.

Non so come, ma arriviamo quasi incespicando alla mia camera, apro la porta mentre le sue labbra infuocate insistono sulla mia pelle, seguendo una scia immaginaria sul mio collo. Entriamo e getto le chiavi sul tavolino dell’ingresso. Mi prende per i fianchi e mi volta verso di lui, guardandomi intensamente negli occhi.

– Ti amo da morire, Cri – mi sussurra – ed ho una voglia folle di fare l’amore con te.

– Oh, Franci… anch’io ti desidero da morire… – gli rispondo.

Mi bacia di nuovo, appassionatamente, e mentre lo fa inizia a togliersi i vestiti in maniera febbrile.

Lo seguo, ed in un attimo rimaniamo entrambi con solo la biancheria intima che cerchiamo di andare verso il letto senza che le nostre labbra si stacchino. Mi aggrappo alle sue spalle, e con agilità gli salto addosso circondandogli i fianchi con le mie cosce.

Scoppiamo entrambi a ridere e lui mi mette le mani sulle natiche, sostenendomi. A tentoni arriviamo al letto, ricadendo sul materasso. Mi sgancia in fretta il reggiseno, sfilandomelo e gettandolo a terra.

Mi abbraccia stretta e sento i miei seni premere sul suo torace muscoloso, le nostre gambe intrecciate ed i nostri respiri sempre più accelerati.

Faccio scorrere le dita sulla sua schiena, sulle sue spalle, e le mie mani riconoscono ogni centimetro della sua pelle, ogni piega del suo corpo, ogni suo neo ed ogni sua piccola cicatrice. So tutto a memoria. Il suo familiare odore mi riempie le narici, i suoi gemiti rochi a me ben noti deliziano le mie orecchie.

Le sue labbra infuocate si posano sul mio collo ed io inarco istintivamente la schiena, gemendo sonoramente. Scende più in basso, verso i miei seni, e quando prende un mio capezzolo con le labbra gemo forte, aggrappandomi ai suoi capelli.

– Oddio, Franci… – gli dico con voce roca – Mi farai impazzire, ti voglio da morire…

Lo sento che sorride, e poi succhia i miei seni avidamente, stringendoli con le mani. Inarco ancora di più la schiena, andando incontro al suo viso, alla sua bocca.

Non resisto più, sto per soccombere al suo assalto famelico. Gemo sonoramente e lo supplico.

– Ti prego, Franci…

Lo sento staccarsi e risalire verso il mio viso. Apro gli occhi e lo guardo, e nelle sue iridi dorate vedo lussuria e fame. Fame di me. Si sfila velocemente i boxer, ed io lo seguo sfilandomi gli slip.

– Perdonami… – mi sussurra – Ma non resisto più. Ti voglio.

– Sì, ti prego… – gli sussurro.

Mi bacia sulle labbra, dolcemente.

– Prendi qualcosa? – mi chiede tra un bacio e l’altro.

Accidenti, no… chi diavolo si aspettava una serata come questa?…

– No – gli rispondo imbarazzata.

– Non preoccuparti, amore… – mi sussurra – Ci penso io, non muoverti.

Mi da un bacio sulle labbra e scende velocemente dal letto, andando in corridoio. Torna subito con una bustina, la rompe con i denti e si srotola il preservativo sul suo membro splendidamente eretto.

Si china su di me, riprendendo a baciarmi dolcemente. Fa scorrere una mano su un mio fianco, poi sulla natica ed infine sulla mia coscia, facendomi piegare il ginocchio.

Si posiziona tra le mie gambe ed aiutandosi con le mani entra finalmente dentro di me, guardandomi negli occhi. Geme sonoramente, mentre io piego anche l’altra gamba e gli stringo i fianchi con le cosce. Istintivamente metto le mani sulle sue natiche muscolose, invitandolo ad entrare ancora di più, fino in fondo.

– Oddio, Cri… – mi sussurra lui a denti stretti – Quante volte ho sognato questo momento… quanto mi sei mancata…

Avvicino il volto al suo, offrendogli le mie labbra. Mi bacia profondamente, ed inizia a muoversi.

I nostri baci sono avidi, sensuali, i nostri gemiti sono rochi e forti. Inizio ad andare incontro ai suoi fianchi, alle sue spinte, in maniera ritmica. Conosco perfettamente il suo corpo ed il suo modo di fare l’amore, ed in questo letto ci stiamo ritrovando, dopo tanti anni.

Una passione selvaggia mi travolge, facendo riaffiorare tutto l’amore che ho provato per lui in questi anni e tutto il desiderio represso.

– Ti prego, Franci… – lo imploro – Più forte… ti prego…

Con un ringhio lui accelera ancora di più, intensificando le spinte ed affondando violentemente dentro di me. Urlo il suo nome, mentre un orgasmo incredibilmente intenso mi travolge.

– Oddio, amore, oddio… – lo sento ringhiare tra i denti stretti. Subito dopo viene dentro di me con un lungo gemito e poi sprofonda con il viso tra i miei capelli.

Restiamo così, per un tempo che sembra interminabile, ascoltando i nostri respiri accelerati e sfiorando la nostra pelle umida di sudore.

Francesco solleva la testa e mi guarda negli occhi, appoggiando il viso alla sua mano. Ha uno sguardo languido, dolce.

– Quanto mi sei mancata – mi sussurra – Non ne hai idea.

– Oh, sì… – gli rispondo ridendo – Diciamo che me lo hai fatto capire piuttosto bene…

Lui sorride, poi mi osserva in silenzio. Fa scorrere un dito lungo il mio collo, le mie spalle, il mio seno. Mi stuzzica un capezzolo, che si inturgidisce subito. Istintivamente contraggo i muscoli del mio ventre, e lui solleva un sopracciglio incuriosito.

– Ho sentito qualcosa, laggiù… – mi dice con un sorriso perverso.

– È perché anche tu mi sei mancato… – gli sussurro.

Lui sorride e si china sul mio seno, stuzzicandomi l’altro capezzolo con la lingua. Istintivamente chiudo gli occhi e reclino la testa all’indietro, beandomi dei suoi baci e delle sue carezze.

Esce da me, mi prende per i fianchi ed inizia a scendere con le sue morbide labbra verso il mio ventre.

– Sì, ma tu mi sei mancata di più – mi sussurra – E non sono sicuro di avertelo fatto capire bene…

Mi sfugge una risatina nervosa, mentre sento che mi divarica le cosce e inizia a tempestarmi di baci.

– Beh, provaci, allora… – gli dico con voce roca – Ma credo che quando toccherà a me io saprò essere molto più convincente…

– Mhmm… Allora ci vorrà tutta la notte…

– Credo che una non basterà – gli sussurro con voce rotta.

– Era proprio quello che speravo… – mi dice prima di affondare dentro di me.

Parigi, 25 dicembre 2013

Apro gli occhi, invasa finalmente da una sensazione di felicità intensa.

Mamma.

Francesco. Ma stavolta lui è qui, accanto a me.

Mi giro ad osservarlo ed incontro i suoi splendidi occhi, che mi fissano intensamente.

– Sei sveglio… – gli dico.

– Sì, e ti osservavo dormire… – mi sussurra – Ancora non ci credo.

Lo guardo con tenerezza. I suoi occhi sono pieni di amore, di dolcezza.

– Nemmeno io – gli dico sorridendo mentre mi volto su un fianco, verso di lui. Il lenzuolo si sposta, scoprendomi un seno. Vedo i suoi occhi che guizzano sul mio petto, ma poi si spostano di nuovo sul mio viso.

– In questi anni mi sono maledetto almeno un milione di volte. Non so cosa mi sia passato per la testa, quel giorno, quando ti ho lasciato – mi dice con una smorfia.

Lo osservo, e leggo nei suoi occhi la stessa sofferenza che ho provato io. Gli passo una mano sul viso, accarezzandogli una guancia, e lui posa la sua mano sulla mia, chiudendo gli occhi.

Quando li riapre la sua sofferenza è lampante.

– Stavo troppo male senza di te, non riuscivo a vivere, non riuscivo a respirare. Saperti lontana, a migliaia di chilometri di distanza… io non volevo che soffrissi come me, ti amavo troppo. Ed era solo colpa mia, ero io che avevo scelto di partire. Sono stato un bastardo egoista.

– No – gli dico – Tu hai solo fatto quello che era necessario per riuscire a realizzare i tuoi sogni, ma come vedi il destino ci ha riunito… evidentemente era inevitabile.

Mi sorride, accarezzandomi un fianco.

– Ti amo tanto Cri, non ho mai smesso di amarti e di pensarti, in questi anni. Ho girato il mondo, mi sono buttato a capofitto nel lavoro… ma tu eri sempre lì, non te ne andavi. Confesso che ho tentato “diversi modi” per dimenticarti, ma… non è servito.

– Anch’io ti amo – gli sussurro – Ed anch’io cercato di dimenticarti, ci ho provato… in qualsiasi modo. Oltre a buttarmi a capofitto nel lavoro mi sono gettata anche in storie senza senso, ma in ogni uomo che ho incontrato cercavo te, disperatamente… nessuno di loro era mai abbastanza.

Lui chiude gli occhi, e sul suo volto è evidente la sofferenza, il dolore e la gelosia.

– Quanti? – mi chiede.

– Vogliamo parlarne proprio adesso? – gli chiedo tristemente – Abbiamo entrambi un passato, ora, ma è passato. Perlomeno per me.

Sospira a lungo, profondamente. Poi apre gli occhi e mi guarda, e dentro quello sguardo vedo tutto il suo amore per me.

– No, hai ragione – mi risponde dolcemente – Un domani forse ne parleremo, ma ora voglio solamente parlare di noi due, insieme.

Gli sorrido, mi avvicino al suo torace e gli bacio delicatamente i pettorali tesi. Strofino le guance sulla leggera peluria del suo petto, passandogli le braccia dietro la schiena e stringendolo a me.

Lui mi accarezza i capelli, in silenzio.

– Guarda, Cri – mi dice improvvisamente. Mi alzo e seguo il suo sguardo, verso la finestra.

Sta nevicando, è la mattina di Natale ed io sono con il mio grande amore. È perfetto.

Mi volto a guardarlo, lui mi prende il viso tra le mani e mi posa un delicato bacio sulle labbra.

– Buon Natale, amore mio – mi dice.

– Buon Natale a te, amore – gli rispondo felice.

Bologna, 24 dicembre 2014 – un anno dopo

Sistemo gli ultimi pacchetti sotto l’albero, faccio qualche passo indietro ed osservo soddisfatta la mia opera. Dopo tanti anni, è tornato il Natale, nel mio appartamento.

Mi guardo intorno e sono felice. La mia casa emana calore, amore e gioia di vivere.

Abbiamo comprato un grandissimo albero di Natale di due metri – rigorosamente finto – e lo abbiamo addobbato con palline rosse e qualche nastro dorato. Ho cucinato i biscotti e li abbiamo appesi ai rami, insieme a qualche vecchia pallina di mia madre scovata in soffitta.

Abbiamo pensato che sia giusto che ci sia anche qualcosa di lei, qui, è a lei che probabilmente dobbiamo la nostra felicità.

Mi massaggio il ventre rotondo, e sento subito la mano di Francesco che mi strofina la schiena.

– Tutto bene, amore? – mi chiede.

– Sì, tutto bene – gli rispondo dolcemente – È solo che scalcia un po’, stasera…

Mi mette la mano sul ventre, ed il bambino gli dà subito un calcio, facendosi sentire.

Francesco soffoca una risata, poi mi circonda le spalle con un braccio e mi attira a sé.

– Beh, gli conviene stare buono, stasera, perché io ho in mente qualcosa per la sua mamma… – mi sussurra.

Sollevo il viso verso di lui e con una mano scendo verso il suo ventre, guardandolo in modo provocante.

– E sarebbe? – gli chiedo.

Apre la bocca per rispondere, ma il suono del campanello lo interrompe. Solleva un sopracciglio e mi sorride, allontanandosi da me ed andando verso la porta. Prima di aprire mi guarda intensamente.

– Ne parliamo più tardi – mi dice con un’espressione languida. Mi sento esplodere dal desiderio, ed egoisticamente non vedo già l’ora che se ne vadano tutti.

Francesco spalanca la porta e la sua famiglia prende “possesso” del nostro appartamento.

Elena e Mauro mi vengono subito incontro, abbracciandomi e baciandomi. Anche Ilaria e Luca cercano di abbracciarmi, destreggiandosi tra Matteo, Sofia e Giulia, le due gemelline che faranno un anno il 13 gennaio. Li adoro, tutti quanti. Mi hanno voluto bene, quando ero una ragazzina, ed hanno continuato a volermene sempre. Quando ci siamo ritrovati “per caso”, un anno fa a Parigi, è stato come se non ci fossimo mai lasciati.

Io e Francesco abbiamo ripreso da dove avevamo interrotto, un po’ cambiati, un po’ cresciuti, ma sempre innamorati come allora. Abbiamo avuto le nostre esperienze, mentre eravamo lontani, e ne abbiamo parlato. Ci ha fatto male, ma abbiamo capito che anche quelle esperienze hanno contribuito a farci diventare quelli che siamo ora. Due adulti che si amano e che sono consapevoli che l’amore che li lega è raro e che ha resistito ad anni di lontananza.

Ora abbiamo anche il nostro bambino, che cresce dentro di me. Sono di 7 mesi, ho la scadenza il 4 febbraio, ed ho un po’ paura, ma con Francesco al mio fianco ora so che posso affrontare tutto.

Mi guardo intorno, e ripenso a come era la mia casa solo un anno fa.

Triste. Triste e vuota. Ora è piena di vita, di colore e di calore.

Ricordo il regalo che ho chiesto a mia madre… “un po’ di felicità”.

Sono stata accontentata, pienamente accontentata.

Mai avrei pensato che mia la vita sarebbe cambiata in questo modo, mai avrei pensato di ritrovare Francesco. Ma la mamma aveva ragione, non si può mai sapere cosa ci riserva la vita, non bisogna mai perdere la speranza.

Alla fine, sono giunta alla conclusione che se ami davvero, senza riserve… potrai incontrare delle difficoltà, ma prima o poi la vita ti ripagherà, donandoti tutto quello che meriti.

Guardo Francesco, il mio compagno, il mio amore. Il padre di mio figlio.

Qualsiasi cosa ci riserverà la vita ora so che non ci perderemo mai più. Si avvicina a me, e mi abbraccia teneramente.

– Tutto bene, amore? – mi chiede.

– Sì, tutto bene. – gli rispondo – Volevo solo augurarti buon Natale.

– Sì, buon Natale… e… buon Anniversario – mi sussurra strizzandomi l’occhio. Il suo sguardo promette tante cose, e… sono sicura che questo Natale sarà davvero memorabile.

Fine

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Questo racconto è di proprietà di Samy P., è protetto da copyright e ogni riproduzione dell’opera, parziale o integrale, è vietata. È vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti, in qualsiasi forma, non autorizzata espressamente dall’autrice. Tutti i diritti sono riservati ©. L. 633/1941. Questo racconto è un’opera di fantasia di Samy P. Ogni riferimento a persone reali esistenti o esistite, fatti, luoghi o avvenimenti è del tutto casuale ed è frutto dell’immaginazione dell’autrice che ne ha fatto uso al solo scopo di dare maggiore veridicità alla storia.

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