UN DISASTRO … COMPLETO

(La scoperta dei sensi)

Natale 2015

Maledetta neve! Che te possino…

Sbuffo irritata, scalo la marcia e tento di avanzare sulla stradina che mi porta al resort “La scoperta dei sensi”. Confesso che quando mi hanno contattato per offrirmi un posto di lavoro qui mi sono spaventata. Va bene che vista la mia situazione sono pronta ad accettare qualsiasi incarico, però…stavolta avevo qualche perplessità, lo ammetto.

Faccio una smorfia divertita e scuoto la testa ripensando al momento successivo, quando mi hanno spiegato in cosa consiste. È una SPA molto lussuosa, i fortunati ospiti hanno a disposizione stanze meravigliose di estrema classe, ricavate nella pietra o in vecchi tini, vengono serviti cibi e vini ricercati. E soprattutto viene praticata la vinoterapia.

Sono curiosissima.

Ne ho sempre sentito parlare e mi sono documentata prima di venire in questo posto, ma non ho mai visto nulla del genere da vicino. Da qui il nome del resort: “La scoperta dei sensi”. Perché il vino stimola in genere solo tre dei nostri sensi: gusto, olfatto e vista. Qui vengono stimolati anche il tatto e l’udito, con bagni nel vino e idromassaggi.

Finalmente attraverso il grande cancello in ferro battuto e parcheggio la macchina nel cortile, nella zona riservata al personale. Scendo, prendo la mia valigia e mi dirigo all’interno rischiando più volte di cadere in maniera rovinosa nella neve.

Ci manca solo questa, guarda.

Osservo la struttura, è rivestita in sasso, con scuri di legno che danno l’impressione di essere molto antichi, ma ristrutturati a regola d’arte. L’interno è rustico, i materiali impiegati sono legno e pietra, anche qui. Mi dirigo subito verso il bancone della reception, dove una ragazza di almeno dieci anni più giovane di me mi sfodera un largo sorriso.

«Buongiorno, signora… Desidera?»

«Sono Anita Rinaldi, buongiorno. Sono qui per il posto di cameriera, mi hanno contattato la settimana scorsa.»

«Certo! Ciao Anita, io sono Elisa» mi porge la mano e io gliela stringo «Vieni, seguimi. Ti accompagno subito dal direttore.»

Faccio come mi dice, giriamo intorno al bancone e ci infiliamo in un breve corridoio. Arrivate alla porta in fondo lei bussa decisa.

«Avanti!» ordina una voce profonda dall’interno.

Elisa apre la porta e mi fa segno di entrare. Osservo l’uomo seduto alla scrivania in mogano che appena mi vede si alza in piedi e mi viene incontro.

«Anita Rinaldi?»

«Sì, buongiorno… sono io. Lei dev’essere Fausto Balestrieri, il direttore.»

Annuisce con un sorriso, ci stringiamo la mano e mi fa subito cenno di accomodarmi in una delle due poltrone di fronte a lui.

«Allora, come già le ho spiegato il nostro resort ospita clientela di lusso, con particolari esigenze» gira intorno alla scrivania e si accomoda nella poltrona in pelle «quindi inutile dirle che il nostro personale deve essere all’altezza della situazione. Non ammettiamo errori di nessun tipo, massima concentrazione, sorrisi e precisione.»

Ah…siamo messi proprio bene. Qui dentro resisterò un giorno, poi mi cacceranno.

«Mi ha capito bene?» sembra quasi irritato.

«Sì, certo.» sobbalzo, quasi.

«Segua Elisa, le mostrerà la sua stanza nell’ala riservata al personale. Buon lavoro.»

Mi fa cenno di uscire dal suo ufficio e mi affretto subito a farlo. Simpatico, non c’è che dire. Simpaticissimo, proprio. Sarà uno spasso lavorare qui, soprattutto per il fatto che io non ne combino mai una giusta.

 

La mattina seguente mi alzo di buon’ora.

Indosso la divisa, che consiste in una camicetta bordeaux in seta, una gonna nera al ginocchio e scarpe nere con un tacco medio e piuttosto comode, poi mi avvio alla reception.

Mi fermo davanti a una parete a specchio nel corridoio, per dare un’ultima occhiata. Mi sono truccata appena, facendo risaltare soprattutto i miei occhi nocciola. Ho steso un velo di rossetto neutro e ho spettinato i miei capelli corti castani. Tutto sommato nonostante abbia compiuto quarant’anni proprio quest’anno faccio ancora la mia figura. La divisa mi sta bene, per fortuna ho un fisico longilineo che non ho mai fatto fatica a conservare nonostante la mia pigrizia.

Ci siamo, si parte. Speriamo solo di non combinare troppi guai.

Faccio un profondo sospiro e mi incammino nella hall, trovando subito Elisa alla reception.

«Buongiorno!» mi saluta sorridente «Pronta per il primo giorno? Il tuo primo cliente sta arrivando, sarà qui tra pochi minuti.»

«Il mio primo cliente? Che significa?»

Elisa ride di gusto.

«È un modo di dire che usiamo noi del personale. Ti verranno assegnati alcuni clienti, dovrai seguire i loro trattamenti e servirli al tavolo per la cena, illustrando le portate e gli abbinamenti dei vini. In questo modo gli ospiti si sentono più seguiti e coccolati… il dottor Balestrieri ci tiene in modo particolare.» Le ultime parole sono accompagnate da una lieve smorfia ironica, segno che la prima impressione che ho avuto sul direttore non era poi del tutto sbagliata.

In quel momento noto un movimento sull’ingresso e mi giro subito a guardare di chi si tratta.

Entra un uomo distinto, più o meno della mia età. È vestito in maniera impeccabile, il completo che indossa è di fattura pregiata, le valige che porta con sé sono ben tenute e rivestite in pelle.

Ha i capelli chiari ondulati e indossa un paio di occhiali da vista con la montatura sottile in argento. Quando si avvicina alla reception mi lancia un veloce sguardo curioso poi sorride e si volta subito verso Elisa.

È un attimo. Ma quegli occhi li ho visti. Eccome, se li ho visti.

Sono verdi chiarissimi, ipnotici. La mascella è squadrata e il naso è importante.

E quella bocca…carnosa, con il labbro inferiore più pronunciato rispetto a quello superiore.

«Anita!» la voce di Elisa mi fa sobbalzare.

«Sì! Sono qui.» guardo lei e il cliente, che mi osservano incuriositi.

«Questo è il professor Christopher Wallace, nostro ospite. Viene qui da ormai tre anni, ci conosciamo molto bene» sorride appena, imbarazzata «Il tuo compito sarà quello di soddisfare ogni sua richiesta.»

Ti pareva…cominciamo bene, va.

Faccio un sorriso tirato e prendo la tessera che mi porge Elisa. Sollevo le valige del professor Wallace che sembrano macigni – ma che diavolo ci avrà messo dentro – e ci avviamo insieme in corridoio, dirigendoci verso la sua stanza.

«Posso portarle io, se vuole…Anita» il suo accento inglese accarezza il mio nome in un modo che sarebbe degno di un film erotico. Mi blocco e lo guardo.

«No, grazie. È il mio lavoro, lasci stare.» procedo di nuovo a fatica e non appena voltiamo l’angolo e siamo lontani da sguardi indiscreti lui mi prende le valige dalle mani «Ma cosa…?»

«La prego, Anita… lasci che le porti io. Ho portato molti libri con me e so per certo che sono pesantissime. Non posso vederla trascinarle per tutto il corridoio.»

Accetto di buon grado, non voglio mettermi a discutere con un cliente. Lo osservo con la coda dell’occhio e noto che indossa un bellissimo orologio al polso, d’acciaio. Poi vedo le vene in rilievo sulla sua mano, mentre stringe la pesante valigia.

Ammazza.

Mi schiarisco la voce e tento di recuperare almeno la dignità.

«Professore. Se non sono troppo indiscreta, posso sapere di cosa?»

«Insegno lingua e letteratura inglese all’Università di Siena» mi sorride «Ormai da tre anni.»

Mi mordo le labbra. Ecco spiegato il suo fare distinto e impeccabile. Lo immagino parlare di Shakespeare con gli studenti con un libro in una mano e gli occhiali nell’altra. Il professor Wallace.

Wallace… l’accostamento a Mel Gibson di Braveheart è inevitabile e a malapena soffoco una risata mentre infilo la tessera nella fessura della porta.

Apro e lo faccio accomodare all’interno della stanza “Cuore di Bacco”, una delle migliori suites. Inizio a illustrargli le caratteristiche, ma lui mi ferma subito.

«Non si preoccupi, Anita. Conosco bene sia la stanza che l’hotel…non voglio farle perdere altro tempo.» mi osserva a lungo da capo a piedi «Immagino abbia tante altre cose da fare.»

Sarà il suo sguardo, la sua voce profonda o i suoi occhi magnetici…ma non posso evitare di provare un lieve imbarazzo. Non ha detto nulla di strano, ma il modo in cui l’ha fatto è stato devastante.

«Ehm… sì certo. Grazie» lo saluto in modo frettoloso ed esco dalla sua camera, sentendomi osservata.

Mentre procedo lungo il corridoio mi faccio aria in modo plateale con una mano. Che fascino, per la miseria…bello da svenire, elegante, distinto e sobrio.

Uguale a me, proprio, guarda.

Scuoto la testa, riflettendo su quanto possa essere irraggiungibile uno come lui per una come me. Meglio che pensi alla giornata che mi aspetta e cerchi di mantenere la concentrazione, il disastro è sempre dietro l’angolo.

 

Nel pomeriggio il professore ha riservato la stanza con l’idromassaggio, quindi mi accingo a preparargli il bagno di vino e vinaccioli. Mentre sistemo il necessario, mi accorgo che alcune essenze sono terminate. Forse riesco a uscire e rientrare in tempo, quindi mi precipito subito fuori.

Troppo tardi.

Lui è sulla porta e mi guarda incuriosito. Indossa una tuta da ginnastica, ha in mano un accappatoio bianco e un libro. Entra nella sala e si richiude la porta alle spalle.

«Anita, buon pomeriggio» sorride, mentre avanza verso la vasca e appoggia l’accappatoio sul cassettone in legno a fianco.

«Uh…buon pomeriggio, professore»

«Per favore, mi chiami solo Chris.» si volta a guardarmi «Dove stava andando, così di fretta?»

«Mancano alcune essenze, le vado a prendere e gliele porto subito, in modo che possa fare il bagno» mi precipito fuori, senza nemmeno attendere la sua risposta.

Corro in magazzino riuscendo a evitare un paio di colleghi per un soffio, prendo le sostanze che mi servono e ritorno dal mio cliente in pochissimi minuti.

Ma quando apro la porta mi sfugge un grido di stupore.

«A li mortacci…!» mi copro subito gli occhi, ma l’immagine di quel magnifico corpo quasi nudo e coperto solo da uno slip da bagno striminzito credo mi rimarrà impressa a lungo nella mente.

«Anita, mi scusi, sono mortificato…credevo ci avrebbe più tempo e intendevo entrare prima nella vasca.»

«Non si preoccupi» gli volto le spalle e cammino all’indietro, tenendo tra le mani i contenitori con le essenze da versare nella vasca «Non sono imbarazzata, solo non voglio metterla a disagio.»

«Mettere a disagio me?» sento una lieve inflessione divertita, nel suo tono «Ci vuole ben altro per mettermi a disagio, mi creda.»

Anita. Non pensare a COSA lo potrebbe mettere a disagio.

Continuo a camminare all’indietro, fino a che mi scontro con lui. Sento i muscoli sodi del suo torace contro la mia schiena e con una presa decisa mi afferra i polsi. Quel gesto mi fa incendiare il corpo e cerco subito di divincolarmi.

Si rivela un tremendo errore.

Il mio scatto improvviso lo spaventa, molla la presa sui miei polsi e io perdo l’equilibrio. Cercando di mantenerci in piedi mi afferra di nuovo, ma io mi divincolo…il risultato è che entrambi perdiamo l’equilibrio.

SPLASH!

Non so come, mi ritrovo dentro la vasca colma di vino e vinaccioli insieme a lui. Stretta a lui. Ci guardiamo entrambi negli occhi e noto solo ora che lui è senza occhiali. I suoi occhi sono…Dio, sono…indescrivibili. Hanno un taglio particolare, allungato, e il colore verde acqua delle iridi non fa che peggiorare la situazione.

«E ora, Anita? Cosa pensi di fare?» la sua voce ironica mi manda su tutte le furie.

«Maledizione! È tutta colpa sua…» cerco di alzarmi, ma lui è disteso sotto di me e io non ho molti appigli. Inoltre, in qualsiasi modo mi muova non faccio altro che sfiorare quel corpo meraviglioso e ogni volta sussulto spaventata.

«Colpa mia? Sei stata tu a perdere l’equilibrio.» è divertito «Io ho solo cercato di evitare che tu cadessi, ma è servito a ben poco…»

La situazione è imbarazzante, molto imbarazzante.

Come farò a spiegare al direttore cosa è accaduto? Ma possibile che riesca sempre a cacciarmi nei guai? Mi licenzierà, me lo sento…

Cerco di alzarmi, ma le mie scarpe non fanno presa nella vasca e cado di nuovo su di lui in maniera rovinosa. Sento i miei seni che gli strusciano il torace scolpito e questo non fa che aumentare la mia agitazione. Ma più cerco di uscire, più ricado su di lui che è disteso immobile sotto di me.

«Anita, stai calma» la sua voce morbida mi arriva fin dentro il ventre.

Stare calma? Ma certo! Con te qui sotto messo in quel modo, poi!

Lo ignoro, cercando di alzarmi di nuovo, ma scivolo ancora e gli ripiombo sul torace, schizzando entrambi con il vino.

«Anita. Inutile agitarsi, siamo incastrati. Cerca di mantenere la calma, ora usciamo.»

Lo guardo truce.

«Cercare di mantenere la calma? Vede in che condizione sono? Chi glielo spiega, ora, al direttore? Mi licenzierà, accidenti!» sibilo inviperita.

Lui si rabbuia per un attimo, poi i suoi occhi guizzano sui miei capelli e le sue labbra si piegano in una smorfia divertita. Sta trattenendo un sorriso e la situazione è talmente ridicola che non posso fare a meno di sorridere anch’io. Entrambi scoppiamo a ridere.

«C’è un accappatoio in più, indossa quello. Togliti le scarpe e infilati le ciabattine. Se solleverai il cappuccio e starai bene attenta a non incrociare nessuno in corridoio nessuno dovrebbe scoprirti.» sussurra divertito «E qui…dirò che sono scivolato io. Non preoccuparti.»

Si alza e mi trascina con sé, sollevandomi di peso e facendomi uscire dalla vasca. Non posso fare a meno di ammirare quel corpo meraviglioso e…l’occhio mi cade lì.

Oh, porca… È una mezza erezione, quella?

Mi scuoto e riporto lo sguardo sul suo viso.

«Tutto bene, Anita?»

«Sì certo, tutto bene. Grazie per…» indico l’ambiente intorno a noi, sembra un campo di battaglia.

«Non c’è problema. Ora vai, in modo che tu possa sistemarti prima della cena.» sorride comprensivo.

Mi infilo l’accappatoio e le ciabattine e mi dirigo subito fuori. Incrocio un paio di colleghi in corridoio che per fortuna mi ignorano e arrivo nella mia stanza senza destare sospetti.

Quando mi guardo allo specchio per poco non mi viene un infarto. Ho i capelli appiccicati alla fronte, il trucco sbavato e i vestiti zuppi di vino. Sono inguardabile.

Mezza erezione, sì… ma quando mai?

 

La sera stessa mi presento in sala per servire la cena. Ci vengono assegnati i tavoli e noto subito che il professor Wallace è tra di essi. Lo hanno sistemato ad un tavolo con altri ospiti e al suo fianco ha un’avvenente bionda che gli parla e continua a toccargli il braccio in modo possessivo.

Che befana.

Irritata, blocco subito una ragazza che sta prestando servizio dall’altra parte della sala.

«Scusa, posso chiederti un favore?»

«Certo, dimmi.» sembra gentile. Chissà che mi dica di sì.

«Ti dispiacerebbe fare cambio tavoli, io e te? Da questa parte ho un cliente che…»

«Oh scusami, ma non posso proprio» mi interrompe dispiaciuta «Domani se vuoi volentieri, ma il servizio ormai è già iniziato, mi dispiace.»

Sospiro, poi la ringrazio e la guardo allontanarsi. Mi volto verso la sala e noto che lui mi sta osservando divertito.

Te pareva.

Inizio il servizio e per fortuna la serata procede piuttosto tranquilla, nonostante io sia costretta ad assistere alla corte assidua che la biondona sta rivolgendo al nostro Lord. Ogni volta che servo le portate al loro tavolo noto che lui si distrae e mi fissa divertito, poi appena mi allontano continua la conversazione con la sua compagna.

Quando servo il tagliere di formaggi stagionati e inizio a versare il Brunello di Montalcino per poco non mi prende un colpo non appena sento il mio nome pronunciato in quel modo.

«Anita…vedo che si è ripresa. Tutto bene?»

«Sì, certo» sorrido, mentre gli verso il vino nel calice panciuto in cristallo «Anzi, non so come ringraziarla.»

Lui sorride, poi osserva il vino e sposta subito dopo i suoi profondi occhi su di me.

«Avremo occasione, non si preoccupi.» la voce gli esce in modo talmente sensuale che a fatica riesco a mantenere il controllo della situazione. Con un sorriso tirato finisco di versare il vino e mi dirigo in cucina, posando la bottiglia vuota sul bancone e appoggiandomi con le mani al bordo in acciaio.

Accidenti, ma che mi sta succedendo?

Guardo in salone e lo vedo ridere con quella, sereno e rilassato. Sembra proprio a suo agio. Non capisco davvero cosa voglia da una donna come me.

«Anita, se vuoi puoi andare» la voce di Elisa mi fa sobbalzare «Il dolce verrà servito più tardi nella sala del camino, per oggi hai finito.»

Le sorrido e la guardo allontanarsi, felice di aver terminato il primo giorno di lavoro indenne…o quasi.

Vado in camera, prendo il giaccone imbottito e la sciarpa e mi avventuro in giardino per una passeggiata tra la neve. Non fa tanto freddo e il manto bianco che ricopre tutta la terra intorno a noi è davvero spettacolare.

Trovo una panchina riparata da una tettoia ricoperta di edera e mi avvicino curiosa. Passo una mano sulla seduta e scopro che è asciutta. Mi siedo e mi rannicchio con le mani in tasca, osservando la natura intorno a me. C’è silenzio, quel silenzio ovattato che si sente quando si è circondati dalla neve. C’è pace. Un vero cambiamento rispetto a Roma, piena di caos e vita frenetica. Chiudo gli occhi e assaporo la serenità guadagnata.

«Anita?» sobbalzo, urlando quasi per lo spavento. Mi volto e mi trovo davanti Chris, con in una mano due bicchieri con un liquido ambrato e nell’altra un sacchettino di carta.

«Buonasera… Chris.» cerco di riprendere il controllo, difficile riuscirci «Che ci fa ancora in giro? Credevo avesse compagnia, stasera.»

Lui fa una smorfia, poi scuote la testa divertito.

«No, certo che no. Monique è una conoscente, ci siamo incontrati qui l’anno scorso.» mi fa un cenno «Posso sedermi accanto a te?»

«Prego…» mi sposto, per fargli spazio.

Si siede al mio fianco e mi porge un bicchiere. Poi apre il sacchettino di carta ed estrae un biscotto secco con all’interno alcune mandorle.

«Grazie» stringo il bicchiere tra le mani, incuriosita. Poi prendo un biscotto.

«Non mi sembrava giusto che fossimo tutti dentro a gustarci questo magnifico dolce e tu non potessi fare la stessa cosa» intinge un biscotto nel liquido, poi lo morde «Assaggia, sono squisiti. Cantucci con il Vin Santo.»

Faccio come lui e assaporo il biscotto imbevuto di quel vino aromatico e piuttosto alcolico. È vero, sono deliziosi.

«Allora, cosa la porta qui?» domando curiosa.

«Abitavo a Londra ed ero sposato, ma quattro anni fa mi sono separato e siccome non avevamo figli ho deciso di approfittarne e dare una svolta alla mia vita. Insegnavo inglese e letteratura all’Università di Oxford e ho saputo che c’era la possibilità di una collaborazione con l’Università di Siena, una delle migliori università di lingue qui in Italia. Siccome conosco piuttosto bene l’italiano, mi sono offerto per il posto e ho chiesto il trasferimento, che mi è stato concesso. Sono partito e mi sono trasferito a Siena. Ormai insegno qui da tre anni.» sorride, sereno «E tu, Anita? Come mai qui?»

«Oh…io…» mi schiarisco la voce «Io mi sono separata l’anno scorso e siccome io e il mio ex marito lavoravamo insieme…ho perso pure il lavoro. A quarant’anni mi sono ritrovata a vivere di espedienti e confesso che è dura. Ma nemmeno noi avevamo figli e quindi…ho preferito andarmene e voltare pagina.»

Lui mi ascolta, serio.

«È difficile e a volte mi chiedo chi me l’ha fatto fare, poteva andarsene lui…ma alla fine…preferisco così. Troppi ricordi in quella casa, sarebbe stato ancora più difficile, non trova?»

«Sì. Meglio un taglio netto, veloce, in modo da risultare quasi indolore.»

«Quasi.» rido, mentre mordo un altro cantuccio. Mastico il biscotto imbevuto, bevo un piccolo sorso di quel nettare divino e faccio appena in tempo a deglutire prima che Chris mi prenda il viso e lo giri verso di lui.

Senza che riesca a capacitarmene le sue labbra sono sulle mie. Dapprima gentili, poi appassionate. La sua lingua si fa strada, esplorando la mia bocca e facendomi gustare il sapore del vino e dei biscotti nella sua. Rispondo al bacio con passione, non posso fare altrimenti. Lo sento togliermi dalle mani il bicchiere e posarlo in terra, poi mi prende tra le braccia e mi tiene stretta, mentre ci perdiamo in quel bacio tanto voluttuoso da far girar la testa.

Quando le nostre labbra si staccano mi sembra quasi di non comprendere più dove siamo. Lui mi sorride e si alza, lasciandomi lì da sola.

«Buonanotte, Anita. Cerca di riposare, non stare qui fuori troppo a lungo.» mi volta le spalle e si avvia con passo lento nella neve, entrando poi dalla porta finestra poco distante.

Rimango lì alcuni minuti inebetita a fissare il bicchiere a terra. Lo prendo tra le mani e sorseggio ancora il vino, pensierosa. Mi tornano in mente le sue labbra posate sulle mie, la sua lingua che accarezzava la mia…Dio mio, che bacio.

 

La mattina dopo mi sembra di camminare su una nuvola. Sono euforica, e per questo consapevole di essere a rischio “danno”. Devo mantenere la concentrazione.

Mi dirigo nella sala massaggi con un recipiente di acqua calda ed alcuni teli puliti, un cliente ha ricevuto un trattamento al mosto frizzante. Mi scappa un risolino appena entro nella stanza, subito smorzato dalla vista della persona distesa prona sul lettino. Comprendo che si tratta di un uomo ma non riesco a vederlo bene in quanto il suo corpo è avvolto in un telo bianco.

«Buongiorno!» azzardo con voce squillante, senza ottenere risposta. Mi accorgo che ha delle cuffiette alle orecchie, con ogni probabilità starà ascoltando della musica.

Mi rilasso mentre immergo i teli nella soluzione di acqua calda e la mente ritorna alla sera precedente. Dio, quanto è bello e sexy il professore. E che bocca…e quegli occhi, mio Dio…

Senza pensarci inizio a fischiettare un motivetto che mi frulla in testa, una canzone che conosco a memoria. È “Physical” di Olivia Newton John. E vorrei tanto, ma tanto…far sentire al mio professore quanto conosco bene il testo.

Non riesco a trattenermi e inizio a cantarla ancheggiando in maniera vistosa. Osservo con la coda dell’occhio l’ospite disteso, nessun segno di vita. Evidentemente la musica del suo ipod gli sta conciliando il sonno.

Dopo alcuni minuti entra Marco, il massaggiatore dell’hotel, cogliendomi in flagrante. Ridiamo entrambi, poi lui si dirige verso il nostro cliente mimando i miei movimenti in maniera goffa.

Rido di gusto e quando toglie il telo dal corpo dell’uomo disteso sul lettino per poco non stramazzo a terra.

Ammazza che culo che c’ha!

Un corpo scolpito, muscoli ben definiti e una schiena dalla quale toglierei volentieri io quel dannato mosto frizzante.

«Vieni Anita, porta pure i teli inumiditi. Puoi metterti dall’altra parte in modo da porgermeli uno a uno quando te lo chiederò?» Marco deve essere impazzito.

Lo guardo seria e scuoto la testa in segno di diniego. Lui corruga la fronte e mi fa cenno di mettermi in posizione. Sospiro ed eseguo, sistemandomi a fianco dell’uomo che ancora non da nessun segno di vita. Non riesco neppure a vedere il colore dei capelli, indossa una cuffia che glieli copre bene.

Porgo il primo telo a Marco che inizia a passarglielo sulla schiena e io osservo attenta. Molto attenta.

Fino a che il cliente non volta il viso verso di me e mi sorride…e a me si ferma il cuore.

«Complimenti per il tuo inglese, Anita. Ottima pronuncia.» mi guarda, con quegli occhi magnetici. Mi studia con un sorriso ironico e io non so che dire. Guardo Marco di fronte a me che per poco non scoppia a ridere e mi sento sprofondare. Cerco di mantenere il controllo.

«Grazie…professore.» gli faccio un sorriso teso.

«Ti ho già detto che puoi chiamarmi Chris…» la sua voce è morbida e carezzevole «Credevo che ormai fossimo diventati amici.»

Ma che diavolo???…

Per poco non gli rovescio il recipiente d’acqua sulla testa. Mantengo il sangue freddo e guardo Marco di fronte a me. Gli porgo la boule e i teli e gli sorrido beffarda.

«Mi è venuto in mente che devo preparare alcune cose per la serata…vi lascio soli.» giro sui tacchi e abbandono la stanza senza salutarli.

A grandi falcate mi allontano in corridoio. Ma chi si crede di essere? Non posso credere che abbia alluso al bacio di ieri sera davanti a Marco e non potevo sopportare ancora a lungo il suo sguardo allusivo.

Beh, stasera giocherò d’anticipo.

 

Lo sguardo irritato di Chris, più tardi, mi riempie di perfida soddisfazione.

Ho parlato con un collega prima dell’inizio della serata e sono riuscita a cambiare con lui i tavoli da servire. Sono dalla parte opposta della sala, lontano dal suo tavolo, da lui, da quella befana che gli continua a toccare il braccio in modo possessivo e che mi irrita a morte.

Mi sento il suo sguardo addosso e in più di un’occasione ho rischiato di combinare un guaio. Sbircio di nuovo nella sua direzione e scopro che mi sta fissando in maniera intensa.

«Signora, insomma!» il tono alterato di una cliente mi fa sobbalzare. Le ho rovesciato l’acqua sul tavolo, accidenti. Mi scuso subito e corro trafelata a prendere una pezza asciutta per riparare il danno.

Noto il direttore che mi fissa truce, so che ha notato il disastro che ho combinato. Mi mordo il labbro e cerco di ignorare il senso di panico che mi invade il petto. Non posso permettermi di perdere questo lavoro, non adesso.

Asciugo la tovaglia, per fortuna era solo acqua. Sorrido alla cliente che mi guarda comprensiva.

Allarme rientrato.

Per tutta la serata Chris non mi toglie gli occhi di dosso, mandandomi sempre più in agitazione e facendomi combinare un disastro dopo l’altro.

Scotto la mano di un cliente con la zuppa, mi scivola un piatto dalle mani che si frantuma a terra e rovescio in modo maldestro un bicchiere di vino su un tavolo. Alla fine del servizio sono paonazza in volto e temo seriamente per il mio posto di lavoro.

A materializzare il mio incubo peggiore ci pensa proprio il direttore, comparendo all’improvviso davanti a me.

«Signora Rinaldi.» è cupo e irritato «È tutta la sera che la osservo. Se è ancora qui è solo per il bel modo di fare che ha con la clientela, ma mi creda…al prossimo sbaglio, lei è fuori.»

Deglutisco nervosa, annuendo con il capo.

Senza aspettare alcuna replica da parte mia si allontana veloce e mi lascia lì in corridoio a riflettere sull’accaduto.

Ho quarant’anni. Un matrimonio fallito alle spalle e sto lottando per trovare un lavoro che mi permetta di portare a casa il necessario per mantenermi da sola nel mio nuovo appartamento in affitto.

Non è possibile che alla mia età e con i miei trascorsi io perda la testa per un uomo in questo modo.

Non. È. Possibile.

Mi ricompongo e porto a termine il turno, poi mi infilo un giaccone e mi dirigo in giardino per una passeggiata. Stasera nevica e mi riparo sotto una tettoia in un angolo dell’edificio per osservare meglio la neve. Le luci lampeggiano sugli alberi addobbati e con nostalgia ripenso a quando festeggiavamo il Natale tutti insieme a casa. Quest’anno l’ho passato sola con i miei genitori che hanno cercato in tutti i modi di risollevarmi il morale. Sorrido mentre incrocio le braccia infreddolita.

«Anita.»

Sobbalzo, quasi imprecando per lo spavento. Mi volto e vedo Chris di fronte a me, con due piccoli calici di vino rosso in una mano e un sacchetto di carta nell’altra.

«Ti disturbo?» sorride, sa che non mi disturba. Mai.

«No, certo…ehm…stavo…» balbetto, sembro una dodicenne.

Ma che è?

«Ti ho portato una leccornìa. Un abbinamento molto particolare.» mi porge un calice e poi estrae dal sacchetto un pezzo di cioccolato fondente «Recioto della Valpolicella. È un vino passito rosso, l’abbinamento perfetto per il cioccolato. Assaggia.»

Mordo un pezzettino di cioccolato e bevo un sorso di vino. I due sapori insieme sono molto particolari, ma riempiono la bocca in maniera morbida e voluttuosa.

«Interessante» mi sfugge «Credevo che il cioccolato non si potesse abbinare a nulla.»

«Non è proprio così.» sorride «È di norma un abbinamento difficile. In genere ci si sposta sul rhum o sul brandy, ma devo dire che questo vino abbraccia il cioccolato in un modo…oserei dire “sensuale”.»

Spalanco gli occhi e mi schiarisco la voce, bevo un altro sorso di vino e mi volto verso di lui. Mi sta guardando serio, le labbra dischiuse e lo sguardo intenso.

Non so cosa accada in quel preciso istante. So solo che mi ritrovo con la bocca sulla sua e le braccia intorno al suo collo.

I bicchieri vanno in frantumi sul pavimento del terrazzino, il sacchetto con il cioccolato cade a terra e noi ci ritroviamo contro il muro a baciarci come due adolescenti. Mi slaccia il giaccone e infila le mani al suo interno, mi stringe un seno con forza, strappandomi un gemito. Preme il bacino contro il mio per farmi sentire la sua erezione e sento che le gambe non mi reggono più. Mi aggrappo alle sue spalle mentre sento che si sbottona i pantaloni.

Ma cosa diavolo…

«Ehi, aspetta…» cerco di allontanarlo, ma la sua bocca infuocata mi accarezza il collo procurandomi brividi in tutto il corpo «Chris, ti prego…aspetta…»

«Che c’è Anita? Ti voglio e so che mi vuoi anche tu…»

«Ti prego, non qui…» riesco solo a dire.

Lui alza la testa e si guarda intorno a lungo, poi all’improvviso nei suoi occhi brilla una luce di euforia. Mi prende per mano e mi trascina via da lì, facendomi attraversare il giardino.

«Dove stiamo andando?» domando trafelata.

«La distilleria» sorride e mi guarda con gli occhi fiammeggianti, indicando con la testa il capanno di legno poco più avanti.

Mi trascina al suo interno e poi richiude la porta alle nostre spalle con un catenaccio. Indietreggio mentre lui avanza verso di me famelico.

«Hai paura, Anita?»

Scuoto la testa in segno di diniego. Non ho paura…sono terrorizzata. Per uno come lui potrei perdere la testa. Ma non ho nessuna intenzione di dirglielo.

«Sicura?» avanza di nuovo, mentre io sento il muro di legno dietro la mia schiena. Non posso più indietreggiare «Se mi chiedi di fermarmi io lo farò all’istante.»

Si avvicina al mio viso e mi sfiora le labbra con le sue. Mi accarezza le guance con la punta delle dita.

«Se vuoi che mi fermi, chiedimelo ora…perché ti voglio talmente tanto che se vado avanti…non credo che potrò più farlo.»

In risposta avvicino le labbra alle sue e lo bacio. Infilo la lingua nella sua bocca e gusto il suo sapore dolce. Sento i suoi denti perfetti e le sue bellissime labbra modellate sulle mie.

Mi fa scivolare il giaccone sulle spalle e lo lascia cadere a terra, poi si sfila il suo e mi stringe al suo torace. Risponde al mio bacio in modo avido, affondando anche lui la lingua nella mia bocca. Ci stacchiamo solo qualche secondo per liberarci dei vestiti che vengono sfilati in maniera febbrile e gettati sul pavimento intorno a noi.

Mi ritrovo in un attimo davanti a lui con solo la biancheria intima addosso e non me ne importa niente. Sono troppo concentrata su di lui. Lo ammiro in tutto il suo splendore davanti a me, con solo un paio di boxer neri attillati e una stupenda erezione fare capolino dall’elastico. Sorrido e lo guardo negli occhi, rapita dal suo fascino.

Mi infila le dita nelle coppe del reggiseno e me le sposta verso il basso, facendomi subito uscire i seni che svettano verso l’altro. Si avventa su di loro, me li bacia in modo avido e mi morde i capezzoli, facendomi impazzire. Mi accarezza il ventre con la punta delle dita, poi infila una mano dentro i miei slip trovandomi già umida e pronta per lui. Mi penetra con due dita, strappandomi gemiti di piacere e suppliche.

«Buona…» mi prende per la vita e mi gira verso il muro. Mi slaccia subito il reggiseno, me lo sfila e lo lascia cadere a terra, poi si inginocchia dietro di me.

Con una lentezza esasperante mi sfila gli slip scoprendomi le natiche davanti al suo volto. Li sento che mi solleticano le cosce mentre cadono sul pavimento e con un passo esco da loro e li allontano con il piede. Chris mi accarezza i fianchi con delicatezza mentre mi morde i glutei. Me li separa leggermente e poi mi tira verso di lui, facendomi piegare in avanti con la schiena. Quando sento la sua bocca stuzzicarmi mi aggrappo al muro con le unghie per non gridare. La sua lingua si alterna alle sue dita prendendo pieno possesso di me, come mai nessuno aveva fatto prima d’ora.

Vengo scossa da un violento orgasmo e faccio appena in tempo a rendermi conto che la sua bocca mi ha abbandonato quando sento la sua mano su una spalla e il suo membro teso che preme contro il mio ventre infuocato.

«Anita…» mi supplica «Dimmi che lo vuoi anche tu…»

«Sì, ti prego, Chris!» la voglia di lui è insopportabile.

E lui mi accontenta. Mi prende in quella posizione e io lo sento mio, fino in fondo.

Si muove lento, con potenti affondi. A ogni spinta gli sfugge un gemito e io non posso fare a meno di assecondarlo, andandogli incontro. Siamo entrambi travolti da una passione travolgente e frenetica e nostri i movimenti si fanno via via più veloci, fino a che il mio corpo non esplode di nuovo in un potente amplesso che mi fa tremare in modo violento. Lui esce da me all’improvviso e consuma il suo orgasmo sulla mia schiena, crollando poi a terra in ginocchio e trascinandomi sulle sue gambe.

Mi appoggio a lui con tutto il corpo e percepisco la sua muscolatura tonica e perfetta. Abbandono la testa sulla sua spalla e mi volto verso di lui, che cerca subito la mia bocca e mi bacia in modo tenero e dolce.

Quando le nostra labbra si staccano ci guardiamo negli occhi a lungo e poi osserviamo i vestiti sparsi intorno a noi. Faccio per allontanare la schiena dal suo torace, ma…ricordo all’istante quanto successo poco fa e il modo in cui è stato consumato. Lo osservo e lui fa una smorfia divertita.

Poi mi bacia ancora…e ancora.

E ancora.

 

La sera dopo è la notte di capodanno.

Per tutto il giorno non ho visto Chris. Ho sbirciato sul book delle prenotazioni, ma mi sono accorta che non aveva prenotato nessun trattamento per oggi.

Sto proprio per chiedermi dove sia andato quando lo vedo entrare nel salone. Al suo fianco c’è quella megera che lo sta corteggiando da giorni.

Lui indossa uno smoking splendido, è a dir poco meraviglioso. Lei ha un vestito lungo fino alle caviglie rosso, senza spalline e con un profondo spacco su un fianco. È truccata alla perfezione e ha raccolto i capelli biondi in uno chignon curatissimo.

Li guardo con attenzione, sembrano molto in confidenza. Lui le sposta la sedia per farla accomodare, lei ride e poi gli sussurra qualcosa all’orecchio.

Faccio una smorfia di disgusto e sento ribollirmi il sangue nelle vene.

Anita. Stai. Calma.

Dopo pochi minuti iniziamo il servizio e a forza mi costringo a sorridere. Chris incrocia un paio di volte lo sguardo con il mio e non posso fare a meno di notare una scintilla di ardore. Ma è solo un attimo, perché la sua compagna richiama subito la sua attenzione e lui non si fa certo pregare.

Ad ogni portata la mia irritazione sale in modo direttamente proporzionale alla stupidità di quella gallina seduta al fianco del mio uomo.

“Tuo uomo”, Anita? Potresti essere stata solo un passatempo, non credi?

Corrugo la fronte. Io, un passatempo?

Li osservo attenta. Stanno flirtando, è lampante. Ridono, si sfiorano entrambi. Lui sembra soddisfatto di come sta andando la serata e a guardarli si intuisce pure come andrà a finire.

Brutto pezzo di stronzo.

Sento lo stomaco contorcersi e il senso di rabbia e frustrazione salirmi in gola. Mi arriva alla testa, senza che io possa farci nulla.

Mentre rifletto sul da farsi noto che è arrivato il momento di servire la ribollita. Mi stampo un magnifico sorriso sulla faccia e prendo il carrello con la zuppiera per il tavolo del caro professore.

Avanzo con passi lenti e studiati. So cosa la mia mente ha appena deciso di fare e so che l’istante successivo avrò perso il lavoro.

Chi se ne frega. Ne troverò un altro.

«Signori, a voi uno dei migliori piatti tipici toscani. La ribollita.» guardo Chris con uno splendido sorriso che mi osserva incuriosito e poi prendo un po’ di minestra con il mestolo. È calda e fumante. Perfetta.

Quando gliela verso sull’inguine lui urla e fa un salto all’indietro, facendo cadere la sedia sul pavimento.

«Oh, mi scusi professore… spero di non averla scottata sa, proprio “lì”.» non posso fare a meno di infondere veleno nelle mie parole «Credo che comunque la sua amica si prenderà cura di lei a dovere, stasera.»

«Ma come si permette?» sibila lei incredula.

«Anita, cosa ti è saltato in mente?» lui mi guarda aggrottando le sopracciglia, mentre tenta di pulirsi il cavallo dei pantaloni.

«Signora Rinaldi, prego. Il fatto che io sia una cameriera non le dà il diritto di rivolgersi a me in quel modo.» alzo il mento e lo guardo negli occhi sorridendo in maniera perfida «E mi creda, non ho certo fatto apposta. Mi spiace per il suo smoking.»

Gli volto le spalle e abbandono la sala, sotto lo sguardo incredulo dei miei colleghi. Il direttore avanza verso di me inviperito.

«Oh, non si disturbi a licenziarmi, faccio da sola.» mi precipito nella mia stanza e mi tolgo la divisa, abbandonandola sul letto. Preparo in fretta e furia i bagagli e me ne vado da quel maledetto posto.

Appena esco dall’edificio mi accorgo che sta nevicando molto forte.

«Mai che me ne vada bene una!» scendo dai gradini con la valigia e metto un piede in fallo. Mi ritrovo distesa in terra, coricata in mezzo alla neve. Grido di rabbia.

«Anita, che diavolo stai facendo?» un paio di mani forti mi prendono per le spalle e mi sollevano, ma io mi divincolo subito. Non voglio nemmeno che mi tocchi.

«Che diavolo vuoi, Chris? Tornatene là dentro!» il mio agitarmi non porta che a un’unica conseguenza: entrambi scivoliamo e cadiamo nella neve.

«Ma porca…» lo sento imprecare «Possibile che tu debba sempre combinare disastri?» cerca di alzarsi, lo smoking zuppo dalla neve.

Io mi abbandono stremata per terra, protetta dal mio giaccone e dal cappuccio. Ha ragione, sono un disastro. Come posso pensare che un uomo come lui possa davvero essere interessato a una come me? Sospiro rassegnata.

«Ma che fai, alzati… Vieni dentro a scaldarti.» mi prende per un braccio, cercando di farmi alzare di nuovo «Sei completamente zuppa.»

«Parla per te.» mi divincolo dalla sua presa e incrocio le braccia al petto «Poi, non ho nessuna intenzione di tornare là dentro. Mi sono licenziata.»

Lui ride e si distende accanto a me.

«Non pensavo di farti tornare là dentro…così.» sorride «Piuttosto, volevo farti una proposta.»

Mi volto a guardarlo, seria. Lo studio attenta, quest’uomo all’apparenza così impeccabile e rigido, ma sotto sotto così appassionato e trasgressivo.

«Quale proposta?»

«Diciamo che…ho prenotato per un’altra settimana e mi piacerebbe moltissimo che tu mi facessi compagnia.»

Non credo alle mie orecchie.

«Stai scherzando, vero?» non riesco a trattenermi «Che te ne fai di una come me? Io sono un disastro, lasciami perdere.»

«Ah, puoi dirlo forte! Un disastro, certo. Un disastro… “completo”. Come si dice di un vino.» si avvicina al mio collo ed inizia piano a baciarmi «Sai quand’è che un vino si definisce “completo”? Quando coinvolge tutti e cinque i sensi…e tu lo fai, tesoro. Lo fai eccome.»

Mi allontano da lui, infastidita.

«E quella?» indico con la testa l’ingresso del resort, alludendo alla sua compagna di tavolo «Quella non è un disastro, non credi?»

«No, non lo è. Ma vuoi sapere una cosa? Quella è una palla.» mi accarezza i capelli «E io non sono un tipo da avventure, credimi. Mai e poi mai mi sono comportato così con una donna prima d’ora… ti conosco appena e mi fai letteralmente perdere la testa. Non appena incrocio il tuo sguardo il mio corpo si risveglia e non vedo l’ora di farti mia. E questo dalla prima volta che ti ho visto.»

Non riesco a dire nulla, sono incredula… perché anch’io mi sento allo stesso modo.

«Dimmi che anche tu ti senti così, Anita…»

«Bah…Ci devo pensare, ho bisogno di un po’ di tempo.» sorrido e mi slaccio il giaccone, aprendolo sulla neve «Perché non ti metti comodo, credo ci vorrà un po’.»

Mentre lui ride e si sistema al mio fianco sento che dall’interno arriva il segnale del conto alla rovescia. Mentre scocca la mezzanotte ci baciamo sotto la neve e la speranza di un anno migliore si fa strada dentro di me.

Perlomeno, la prima settimana so già che andrà alla grande.

Fine

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Questo racconto è di proprietà di Samy P., è protetto da copyright e ogni riproduzione dell’opera, parziale o integrale, è vietata. È vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti, in qualsiasi forma, non autorizzata espressamente dall’autrice. Tutti i diritti sono riservati ©. L. 633/1941. Questo racconto è un’opera di fantasia di Samy P. Ogni riferimento a persone reali esistenti o esistite, fatti, luoghi o avvenimenti è del tutto casuale ed è frutto dell’immaginazione dell’autrice che ne ha fatto uso al solo scopo di dare maggiore veridicità alla storia.

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