OMBRE E LUCI DAL PASSATO – Epilogo

Otto mesi dopo

Michael

Odio le attese, mi snervano. Soprattutto dal medico, e soprattutto quando quel medico è in ritardo.

Guardo sul tavolino, ci sono alcuni giornali, tutti di gossip, ovviamente… Decido di leggerne uno, per ingannare l’attesa.

Lo sfoglio, velocemente. Attori, attrici, tradimenti… chi più ne ha più ne metta, è assurdo.

Scuoto la testa, poi, un articolo attira la mia attenzione, ed ho un tuffo al cuore.

“Dirigenti della NY Advertisement si uniscono in matrimonio a New York”. La vedo, in foto, con lui. Felice, sorridente, bellissima, con l’abito bianco. “Emma Taylor, direttrice amministrativa della NY Advertisement e vedova del chirurgo John Williams, si è unita in matrimonio ad Alex Anderson, direttore commerciale della NY Advertisement”

Si è sposata un mese fa, a settembre. Ci sono diverse fotografie, lei sola, con i figli, con lui, il bacio degli sposi… È felice, serena. Sono contento, per lei e per Paul. Guardo Paul, in foto, con Alex e sua madre. È bello, in gamba. Vedo i miei occhi, in lui, lo stesso colore, la stessa forma.

Chissà, forse, un giorno… riusciremo a vederci, e potremo finalmente parlare di tante cose.

Poi lo vedo con una ragazza, bellissima, con i capelli lunghi scuri e gli occhi azzurri. “Paul Williams con la fidanzata, Erika Brown, 22 anni.” Hai capito, mio figlio? Tutto suo padre…

Mi scappa un sorriso, poi guardo di nuovo le foto di Emma. Abbraccia il suo Alex, se lo bacia.

Sono sorridenti, felici. È lampante anche dalle foto che si amano profondamente.

È stata la scelta migliore, per lei.

– I signori Murphy? – ci chiama una voce, riportandomi alla realtà.

– Sì – rispondo, alzandomi.

– Prego, accomodatevi, la dottoressa sarà da voi tra un minuto.

Entro con mia moglie nello studio, ci sediamo nelle due poltrone davanti alla scrivania.

Siamo nervosi, entrambi, ma io più di lei, è sicuro.

La dottoressa arriva subito, e si accomoda di fronte a noi.

– Buongiorno – esordisce entrando – Come va, Julie?

– Tutto bene, dottoressa. Le ho portato gli esami, come aveva chiesto.

– Vediamo un po’ – dice, prendendo le carte. Le esamina attentamente, per qualche minuto.

Prendo la mano di mia moglie, stringendogliela.

– Beh, direi che va proprio tutto bene – le dice sorridendo – Venite con me.

Si alza, e si dirige nella stanzetta attigua, dove effettua le visite.

– Si spogli pure, Julie, si accomodi sul lettino – poi si rivolge a me – Lei resta, vero?

– Certo, non ci penso neanche ad andarmene di qui – le rispondo, risoluto.

Julie mi sorride, felice. Da quando le ho chiesto perdono, e lei me l’ha concesso, ho un obiettivo. Almeno una decina di quei suoi bellissimi sorrisi, ogni giorno.

La dottoressa spegne le luci, ed accende il macchinario. Mi avvicino a Julie, prendendole la mano.

– Bene, Julie, mi ha detto che il test è risultato positivo, gli esami vanno bene. Vediamo di certificare questa gravidanza – le dice sorridendole.

Inizia l’ecografia, osservo lo schermo, ma non riesco a capire nulla. Penso solo che forse sarò padre, a 48 anni… una pazzia. Ma lei lo voleva tanto, e probabilmente, anch’io.

– Ecco, vedete, questo è il sacco vitellino. All’interno si vede chiaramente, direi che ci siamo. Secondo i miei calcoli dovresti essere di otto settimane. Ora vediamo di sentire il cuore. – Vedo che armeggia con alcuni tasti, poi, lo sento, il suono più bello del mondo. Batte forte, veloce.

Una gioia immensa mi trafigge il cuore.

Guardo Julie, piange lacrime di felicità, mi chino a baciarla.

Mio figlio. Guardo lo schermo, incredulo, mentre sento ancora il battito del suo cuore che corre, velocissimo. Ammiro quel piccolo puntino, nel corpo di mia moglie, frutto del nostro amore.

Voglio dargli tutto, tutto quello che non ho saputo dare a Paul. Voglio coccolare Julie, dandole tutto quello che non ho dato ad Emma. Voglio riempirla di amore, attenzioni.

Solo ora capisco quanto ha sofferto Emma, sola, con un bambino… per fortuna è circondata da tanto amore, ora.

Guardo mia moglie, le accarezzo il viso, e provo una gioia immensa.

– Ti amo, Julie – le dico, per la prima volta da quando la conosco.

E so che è la verità… perché la amo davvero, ora.

Michael

Finalmente è venerdì, la settimana è finita, mi aspetta il week-end con la mia famiglia.

Chiudo gli occhi, massaggiandomi il collo. Dopo la campagna con la Blue Diamonds altre due multinazionali ci hanno contattato, sono sommerso di lavoro. Non vedo l’ora di fare un bel bagno con mia moglie.

– Serve un massaggio? – la sua bellissima voce mi riporta alla realtà.

– Magari, grazie – le dico, aprendo gli occhi. Chiude la porta ed avanza verso di me, sorridendo.

Si mette dietro di me ed inizia a massaggiarmi le spalle ed il collo.

– Allora, hai finito? – mi chiede.

– Sì, basta per oggi – le rispondo – A che ora abbiamo l’appuntamento con l’agenzia?

– Tra un’ora, abbiamo tutto il tempo che vogliamo – mi dice – Sai, Alex… credo che questa sia la volta buona.

– Vengono anche i ragazzi, vero? – le chiedo.

– Sì, certo. Abbiamo appuntamento con loro direttamente all’indirizzo che mi ha dato l’agenzia.

– Andiamo, dai – mi dice, dandomi un bacio sui capelli.

– Oh, no, signora Anderson… non così in fretta – le dico, girandomi e facendomela sedere sulle ginocchia. Metto il viso nell’incavo del suo collo, inspirando il suo profumo.

Avvicino le labbra al suo collo, posandole poi sulla sua pelle morbida. Le lascio una scia di piccoli baci, arrivando fino all’incavo del suo bellissimo seno. Le sbottono la camicetta, infilo una mano dentro e le stuzzico i capezzoli, attraverso il pizzo del reggiseno.

– Alex… – mi dice lei, con voce roca.

– Sì, amore? – le dico – Qualcosa non va?

– Alex, io… – le tappo la bocca con un bacio, infilandole subito la lingua tra le labbra. La bacio a lungo, profondamente. Adoro baciarla, stuzzicare le sue labbra morbide…

– Smettila… – mi dice, allontanandosi da me – Potrebbe entrare qualcuno…

– È vero, hai ragione… Non abbiamo chiuso la porta – le dico, spostandola ed alzandomi.

Mi dirigo verso la porta, la chiudo a chiave, e ritorno da lei. Stacco il telefono.

– Dove eravamo rimasti? – le chiedo. La osservo, è in piedi, di fianco alla mia poltrona, che si struscia le cosce… Mi vuole, adesso, anche lei. Il mio corpo trionfa, esulta… sento i pantaloni già terribilmente stretti.

– Ah, già… – mi siedo sulla poltrona, e me la riposiziono sulle ginocchia – Eravamo rimasti qui, se non erro.

Le infilo nuovamente la mano nella camicetta, e lei geme, chinando la testa verso di me ed offrendomi di nuovo le sue labbra. Ci baciamo, profondamente, a lungo.

La mia mano, ora, corre sotto la stoffa del reggiseno, ed arriva ai suoi seni. Abbasso la coppa, per farne uscire uno. Il suo capezzolo si offre a me, già turgido… non resisto, succhio avidamente.

Emma piega indietro la testa, gemendo.

– Oh, Alex… – mi dice, infilandomi le mani nei capelli ed inarcando la schiena.

– Oh, Emma, amore mio… – le sussurro, tra un bacio e l’altro.

Lei rizza la schiena, lascia i miei capelli, e le sue mani corrono alla cintura dei miei pantaloni. Con dita febbrili mi slaccia la cintura, ed infila la sua mano dentro, arrivando immediatamente al suo obiettivo. Lo prende in mano, e me lo stringe forte. Emetto un gemito forte, rauco, direttamente dalla gola.

Vengo colto da una tremenda frenesia, voglio possederla, subito.

La faccio alzare in piedi, le alzo la gonna e le abbasso velocemente le mutandine. Lei se ne libera, dandogli un calcio.

Mi abbasso i pantaloni ed i boxer, tirandolo fuori.

– Girati di spalle – le ordino. Mi sorride languidamente, e fa quello che dico. La adoro.

La prendo, facendola sedere su di me, e la penetro lentamente, mentre si abbassa.

Gemiamo entrambi dal piacere, voglio farla impazzire di lussuria. Le infilo una mano nella camicetta, toccandole un seno, e l’altra tra le cosce, per stimolarla. Poi, inizio a muovere i fianchi… si muove anche lei, venendo incontro alle mie spinte.

Emma geme forte, piegando la testa all’indietro, sulla mia spalla.

Sento che sto già venendo, cazzo… È troppo eccitante, troppo appagante…

– Oh, Emma… – le dico, sottovoce.

Lei gira la testa verso di me, offrendomi le sue labbra. Sento il suo corpo che si irrigidisce, anche lei è vicina.

– Oh, Alex… sì, ti prego… – mi dice, gemendo.

Le copro la bocca con la mia, in modo da soffocare le sue grida, e spingo forte. Veniamo insieme, assorbendo nelle nostre bocche le grida l’una dell’altro, lasciandoci andare ad un orgasmo intenso, lungo, appagante.

Poi, lentamente, i nostri respiri tornano regolari.

– Direi che è un bel modo per iniziare il week-end… – mi dice, felice.

– Ottimo, direi – le rispondo, baciandola di nuovo.

– Non voglio fare la guastafeste, ma… – mi sussurra – ci aspettano.

– Sì, lo so… – le do un bacio veloce sulle labbra e la aiuto ad alzarsi, accarezzandole i fianchi ed il suo bellissimo sedere sodo.

Si gira a guardarmi, con un sorriso malizioso.

– Pazienza, signor Anderson… – mi sussurra – Abbiamo tutta la notte davanti…

Si china a raccogliere le sue mutandine, rimanendo di spalle, con la gonna ancora alzata sui fianchi, offrendomi la bellissima visione del suo lato B, proprio davanti al mio viso.

– Lo fai apposta, vero? – le chiedo ringhiando tra i denti, cercando di trattenermi.

– Certo, signor Anderson, sempre – mi dice, tirandosi su le mutandine ed ondeggiando i fianchi.

Mi alzo in piedi, sistemandomi i boxer ed i pantaloni, poi la prendo, abbracciandola da dietro.

– Attenta, signora Anderson, a stuzzicarmi… Lo sai che quando mi stuzzichi poi… – le sussurro in un orecchio.

– Speravo proprio che lo dicessi – mi sussurra lei, girandosi ed offrendomi le sue labbra.

La bacio, di nuovo, a lungo. Non mi stanco mai, di lei, della sua bocca, del suo corpo.

– Oh, Emma, ti amo tanto… – le dico, a fior di labbra.

– Lo so – mi dice lei – Ti amo anch’io Alex, tanto.

Emma

Siamo nel palazzo, tutti e quattro, e l’agente immobiliare infila la chiave nella porta, aprendola per mostrarci l’appartamento. Resto senza fiato, è meraviglioso.

Entriamo, inizia ad illustrarci i vari ambienti.

C’è un grandissimo salone, con cucina a vista ed una bellissima vetrata, che dà su Central Park.

Sarà circa 60/70 metri quadrati, con un bellissimo camino sul fondo.

Il pavimento è in legno, di ottima qualità. È caldo, accogliente, nonostante sia senza mobili.

Passiamo oltre, ci sono tre camere da letto, ognuna con cabina armadio e bagno privato.

Entro nella camera padronale, la mia e di Alex. È grande, con due finestre luminose.

La cabina armadio è spaziosa, perfetta per due persone. Entro in bagno, c’è una grandissima doccia, con un box di cristallo. A fianco, una vasca da bagno in marmo, con idromassaggio, incassata nel pavimento, sollevata solo di un gradino. È veramente stupenda.

Mi volto verso Alex.

– È bellissimo – gli sussurro – Tu che ne dici?

– Dico che sarebbe perfetto per noi quattro – mi dice, sorridendo – Sentiamo i ragazzi?

– Paul, Sarah… Potete venire qui, per favore?

L’agente immobiliare si allontana, in maniera discreta.

– Che dite, vi piace? – gli chiedo.

– Oh, mamma, è fantastico! – mi dice Sarah – Ho già deciso qual è la mia camera, quella con il bagno in marmo rosa… È perfetta!

– Sì, mamma, è stupendo – mi conferma Paul.

Sorrido ad Alex. Questa era stata l’unica condizione che avevo posto per il nostro matrimonio.

Gli avevo chiesto di mettere in vendita i nostri appartamenti, e sceglierne uno tutto per noi, per la nostra nuova vita insieme. Avevamo troppi ricordi, entrambi. Se avessimo voluto ricominciare, avremmo dovuto ricominciare da qualcosa di nostro, solo nostro.

L’agente immobiliare si avvicina.

– Allora, che ne pensate? – ci chiede.

– Ci piace, molto – gli dice Alex – I nostri vecchi appartamenti? A che punto siamo con la trattativa?

– Ecco, ve lo avrei detto tra poco… – ci dice – Gli acquirenti hanno accettato le vostre richieste, quando volete possiamo perfezionare la vendita di entrambi.

– Beh, allora… – dice Alex guardandoci tutti – Direi che è fatta, lo prendiamo.

– Sì!!! – urla Sarah, entusiasta.

Sorrido, guardando mio marito, mi accontenta sempre, mi coccola, è premuroso. Mi ama.

Solo questo, conta, alla fine.

Lo abbraccio, e lui si china verso di me, baciandomi sulle labbra dolcemente.

– Contenta, amore? – mi chiede.

– Sì… tu? – gli chiedo io.

– Felice, felicissimo. – mi risponde, sorridendomi, poi si rivolge ai ragazzi – che dite, festeggiamo?

– Sì! – dice Paul – Aperitivo?

Alex sorride, con un’espressione di chi la sa lunga in proposito.

– Che dici, Emma, è il momento di farli partecipare ad uno dei nostri aperitivi?

Li guardo, tutti e tre. La mia famiglia.

– Certo, perché no? – rispondo.

– E vai! – grida Paul.

Andiamo insieme in un pub, dove servono ottima birra e dove si balla bellissima musica rock.

Siamo venuti diverse volte qui, io ed Alex. L’ambiente è allegro, la musica è alta, è inevitabile lasciarsi travolgere. Prendiamo posto in un tavolo, stasera è veramente pieno.

Arriva la cameriera, Alex ordina quattro birre e della pizza.

– Per lei piccola, la birra, per favore – dice, indicando Sarah.

– Ok, Alex – gli dice la cameriera con un sorriso languido – Ve le porto subito.

“Giù gli occhi da mio marito!” penso, gelosa. Vedo Alex che mi guarda, con un sorriso ironico.

Sbuffo, alzando gli occhi al cielo, e lui si mette a ridere. Si avvicina al mio orecchio.

– Lo sai che io sono solo tuo, vero? – mi sussurra.

– Lo spero per te – gli dico, con uno sguardo minaccioso.

Lui mi mette un braccio intorno alle spalle, mi attira a sé e mi stampa un sonoro bacio sulle labbra.

– Ti adoro, moglie gelosa – mi dice, ridendo.

Scuoto la testa, rassegnata.

Arrivano subito le birre, fresche, dannatamente buone. Subito dopo, arriva la pizza.

Alex si è tolto la giacca, ha allentato la cravatta ed ha arrotolato le maniche della camicia fino ai gomiti. Accidenti, capisco perché attira tutti gli sguardi femminili su di sé… mio marito è sexy da morire.

Poi, sentiamo “Should I stay or should I go” dei The Clash, ed Alex alza un braccio al cielo, chiudendo gli occhi e muovendo la testa a tempo di musica. Mi tornano in mente tutte le serate che siamo usciti insieme, da amici. È identico ad allora, la stessa allegria e la stessa pazzia.

Ma ora, è mio marito.

Inizia a picchiare le mani, a tempo di musica, poi guarda Sarah, indicandola.

– Tu, signorina! – le dice, porgendole la mano – Con me, in pista!

– No, Alex… – gli risponde Sarah, timida.

– E dai, andiamo! – le dice alzandosi.

Sarah si alza, sollevando le spalle in segno di rassegnazione, e lo segue.

Li guardo, appena raggiunta la pista si mettono a ballare scatenati.

– Mamma… – mi dice Paul, facendomi distogliere lo sguardo da loro – Sono felice, per te.

Lo guardo, negli occhi, adoro mio figlio.

– Grazie, tesoro – gli dico, accarezzandogli il viso.

– Volevo solo dirti che sono contento che hai sposato Alex. Lui saprà farti felice, e per me è solo questo che conta – mi dice – Se avessi sposato Michael, e lui ti avesse reso felice così, sarei stato contento comunque.

– Lo so – gli dico.

– Forse verrà un giorno in cui riuscirò ad incontrarlo, ed allora potremo magari anche parlare – mi dice sorridendo – Ma non adesso…

Sono sorpresa. In fin dei conti, sono padre e figlio, non posso impedirglielo, anzi, tutto sommato, sarei contenta.

– Quando verrà quel giorno, Paul – gli dico, prendendogli la mano – Sono convinta che saprai cosa fare. Sei un uomo, sai già quello che vuoi.

– So solo che io, un padre ce l’ho già avuto – mi dice lui – e purtroppo, è morto. Mi manca tanto, mamma, ogni giorno. Sentivo la mancanza di una figura maschile, in casa… ne avevo bisogno. So che Alex non tenterà mai di sostituirsi a papà, ma so anche che mi starà vicino, sempre. È perfetto, per te, ed anche per me e Sarah.

– No, non è perfetto, è pazzo… – gli dico io, ridendo e scuotendo la testa.

Ci voltiamo entrambi a guardarli, lui e Sarah, stanno ancora ballando scatenati.

Ci mettiamo a ridere, entrambi, poi Paul si gira a guardarmi.

Abbraccio mio figlio, di getto. Non sa quanto mi sta rendendo felice, con le sue parole… Ora più che mai so di avere fatto la scelta giusta.

– Mi scusi, potrei riavere mia moglie?

Ci sciogliamo dall’abbraccio, e guardiamo Alex, in piedi di fianco al nostro tavolo, con Sarah.

– Allora, avete ballato? – chiedo loro.

Sarah si siede, esausta, e mi guarda, sgranando gli occhi.

– Questi giovani… – sbuffa Alex – Dai, Emma, facciamogli vedere chi siamo!

Mi porge la mano, ed io mi alzo, la prendo e mi faccio trascinare in pista.

Ora sentiamo “In the name of love” degli U2. Nonostante non sia proprio “lenta”, mio marito mi abbraccia, in pista, facendomi ballare dolcemente.

– Contenta, dell’appartamento? – mi chiede.

– Contenta di tutto, amore. – gli rispondo. Lui mi sorride, e mi bacia sulle labbra.

– Tutto bene, con Paul? – mi chiede.

– Sì, tutto bene… è un uomo, ora.

– Sì, lo so – mi dice Alex – È perfettamente in grado di andare sulle sue gambe.

– Invece no, Alex – gli dico – Ha bisogno di te. Ha bisogno di un uomo, accanto a lui.

– Non potrò mai essere un padre, per lui, Emma. Come per Sarah. – mi dice serio.

– Lo so, lo sappiamo tutti, e lo sanno anche loro. Ma ti vogliono immensamente bene, ed avevano bisogno di una figura maschile, accanto a loro.

– Ed io spero di riuscire a dargli tutto quello di cui hanno bisogno… – mi dice.

– Ce la farai, ne sono certa – gli dico, sorridendogli.

– E tu? – mi chiede, con un sorriso ironico – Anche tu, avevi bisogno di una “figura maschile”, accanto?

– No – gli dico – Io avevo bisogno di te.

– Lo spero bene, moglie – mi dice, sorridendo. Le sue labbra sono sulle mie, di nuovo. Mi bacia profondamente, a lungo, pieno di amore.

– Ti amo, Emma. Ogni giorno che passa sono sempre più felice di averti sposato, e sempre più felice di passare tutta la mia vita con te.

Gli prendo il viso tra le mani, guardandolo con tenerezza.

– Anch’io ti amo, Alex…

Lo abbraccio, nascondendo il viso nel suo collo, assaporando il suo profumo e godendomi il calore della sua pelle. Sono a casa, tra le sue braccia, mi sento al sicuro, protetta.

È sempre stato così, con lui, fin dall’inizio. Me ne sono resa conto quella notte, quando dovevo decidere con chi avrei passato il resto della mia vita. Probabilmente lo amavo da sempre, l’ho amato dal momento in cui l’ho conosciuto… ma avevo John, allora.

Mi sono sentita tremendamente in colpa, quando ho capito che era destino, che fossimo uniti, io ed Alex. Ed il destino è stato crudele, dando un taglio drastico e terribile alla vita di John.

Ma la verità è che non è colpa di nessuno, è andata così, ed il primo a capirlo è stato proprio John.

Ne ho avuto la conferma quando Alex mi ha raccontato cosa gli aveva detto quel terribile giorno.

Ho amato molto, John, sono stata felice con lui. La nostra non era certo una storia piena di passione, ma il sentimento era forte, profondo. Quando ci ha lasciato, un pezzo del mio cuore se n’è andato con lui, per sempre.

Ma ora devo guardare avanti, lo devo a me stessa. Un amore come abbiamo io ed Alex, non capita molte volte, nella vita. Siamo amici, complici, amanti appassionati. Dopo che è morto John mi sono accoccolata tra le braccia di Alex, senza fare nulla, colmando il bisogno che avevo di lui, senza chiedermi “perché” avessi così tanto bisogno di lui.

Ora lo so. Lo amo, più della mia stessa vita. Ora voglio godere di questo amore, fino in fondo, e voglio che ne goda anche lui. Voglio dargli tutto, tutto, di me stessa.

Alzo il viso, guardandolo. Lui abbassa gli occhi, su di me, con un sorriso.

– Tutto bene, amore? – mi chiede.

– Sì, tutto bene… Ora va proprio tutto bene.

Fine

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Questo racconto è di proprietà di Samy P., è protetto da copyright e ogni riproduzione dell’opera, parziale o integrale, è vietata. È vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti, in qualsiasi forma, non autorizzata espressamente dall’autrice. Tutti i diritti sono riservati ©. L. 633/1941. Questo racconto è un’opera di fantasia di Samy P. Ogni riferimento a persone reali esistenti o esistite, fatti, luoghi o avvenimenti è del tutto casuale ed è frutto dell’immaginazione dell’autrice che ne ha fatto uso al solo scopo di dare maggiore veridicità alla storia.

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