OMBRE E LUCI DAL PASSATO – Capitolo 9

Emma

Paul guida velocemente, ma per fortuna è molto prudente. Ci stanno accompagnando all’aeroporto, lui e Sarah, finalmente è arrivato il grande giorno.

Alex è carico, come non mai, crede tantissimo in questo progetto, come ci crediamo tutti.

Ha lavorato senza sosta, queste settimane, spesso sono andata a casa, lasciandolo in ufficio, da solo.

Alcune volte l’ho trascinato fuori, a forza, doveva mangiare, almeno!

Siamo pronti, ora, e stiamo andando a Los Angeles, io e lui, soli. Sono eccitata, impaurita, mi ha preso una strana frenesia… in questi giorni abbiamo passato molto tempo insieme.

Michael, dopo che sua moglie è ritornata a Miami, mi ha chiamato diverse volte, chiedendomi di vederci, ma io ho sempre rifiutato, alcune volte non ho nemmeno risposto al telefono.

Non voglio vederlo, per ora, l’immagine di lui con sua moglie è ancora bene impressa nella mia mente, troppo. Questa storia deve finire, può solo farmi del male.

Poi, c’è Alex… Alex, che in questi giorni mi ha lanciato sguardi strani, carichi di tensione… Sembra quasi che… sento un languore, al basso ventre… Dal giorno dell’assemblea, quando ha fatto il discorso, lo sto guardando con occhi diversi, e credo che anche lui…

No, probabilmente mi sto immaginando tutto.

Mi scuoto dai miei pericolosi pensieri, mio figlio sta parcheggiando, siamo arrivati all’aeroporto.

Scendiamo dall’auto, Alex apre il portellone e scarica subito i nostri bagagli a mano. Si tratta di soli due giorni, ci siamo portati il minimo indispensabile per evitare di caricare inutili valigie.

– Ciao mamma – mi dice Sarah, abbracciandomi – mi raccomando, stracciateli tutti!

– Certo, amore – le dico, baciandola sulle guance.

Mi giro, e vedo Paul che abbraccia con affetto Alex, fermandosi a parlargli nell’orecchio.

Alex ride, e mi guarda negli occhi, rispondendo sottovoce a Paul. Non so perché, mi fa quasi arrossire. Paul si mette a ridere, lo abbraccia forte, di nuovo, dandogli una pacca su una spalla, e così fa anche Alex. Non riesco a capire cosa stiano confabulando, quei due…

Paul si volta, e viene verso di me.

– Ciao mamma, – mi dice, abbracciandomi – In bocca al lupo.

– Crepi il lupo, amore – gli dico, abbracciandolo e dandogli un bacio sulla guancia – Mi mancherete da morire.

– E dai, mamma… – mi dice Paul – si tratta solo di due giorni, per di più siete a Los Angeles, in California! Divertitevi, almeno!

– Sì, certo – gli dico ridendo – Dipende dal risultato di domani!

– Beh, indipendentemente da quello, ti prometto che ci divertiremo comunque – gli dice Alex, strizzandogli l’occhio.

– Bravo – gli dice Paul strizzandogli l’occhio – Così mi piaci.

Li guardo, tutti e tre, si sorridono con uno sguardo d’intesa. Non so perché, ma ho l’impressione che ci sia qualcosa che non vogliono dirmi…

Prendiamo i nostri trolley e ci avviamo all’imbarco.

– Che succede? – chiedo ad Alex – Cos’è questo confabulare con i miei figli?

Lui si mette a ridere, poi fa uno sguardo innocente.

– Io?!? – mi dice – No, guarda che ti sbagli…

– Sì, va bene – gli dico, sospirando – Prima o poi lo scoprirò…

Alex

“Certo che lo scoprirai, prima o poi… Prima di quanto pensi!” penso tra me e me.

Sono carico come una molla, il progetto, in cui credo, è perfetto, pronto. E la donna che amo, tutta per me, per due giorni, lontano da tutto e da tutti. Soprattutto da lui.

Ripenso a quanto mi ha detto Paul, prima, quando mi ha abbracciato. Mi ha aperto il cuore, sapere che lui approva.

“Mi raccomando – mi ha detto in un orecchio – È la tua occasione, non lasciartela sfuggire!”

“Non ne ho la minima intenzione, stanne certo” gli ho risposto io, mentre me la mangiavo con gli occhi.

Ci imbarcano subito. Cavoli, Alan non ha badato a spese, business class. A Los Angeles, ci ha riservato due suites all’Hilton di Beverly Hills… sinceramente, spero che una non serva.

Mi lascio sfuggire un sorriso.

Guardo Emma, seduta di fianco a me, accanto al finestrino, se sapesse, quanto la desidero, quanto la amo… Ho due giorni, a disposizione, e tante carte da giocare. Le prendo una mano, stringendogliela.

Lei si gira a guardarmi, e mi sorride. Dio mio, quanto è bella…

– Tutto bene, sei agitato? – mi chiede.

“Sapessi, cazzo…” penso.

– Sì, tutto bene – le rispondo, cercando di mascherare i miei veri sentimenti – Non vedo l’ora di arrivare, tutto qui.

Il viaggio procede bene, arriviamo a Los Angeles alle 22,00, in perfetto orario.

Chiamiamo un taxi, e ci facciamo portare in hotel, dove ci registriamo e ci informano che provvederanno loro a consegnare i nostri bagagli in stanza. Ci chiedono di accomodarci al ristorante, nonostante l’ora hanno preparato una cena per noi.

Emma è stanca, è stata una lunga giornata. Credo che tutti i miei progetti, per stasera, andranno in fumo. D’altra parte, domani ci alzeremo presto, e devo essere in forma, per la presentazione.

Forse è meglio così.

Ci servono un’insalata di pollo, meglio stare leggeri, visto l’orario. È squisita.

Comincio ad indagare per domani, per il mio piano.

– Che numero di stanza hai? – le chiedo.

– 503 – mi risponde – tu?

– 703 – le dico. “Ma che cavolo, due piani più sopra?” penso.

– Però, siamo lontani… – mi dice – Probabilmente è tutto pieno.

– Casomai, nel caso dovessi sentire la mia mancanza, mi calerò giù dalla finestra – le dico, suadente.

Lei arrossisce. Arrossisce!?! Accidenti, Emma… forse allora nemmeno io ti sono indifferente…

Emma

Eccoci qui. Le altre due società se ne sono già andate, ora tocca a noi, siamo gli ultimi.

Potrebbe essere un vantaggio o uno svantaggio, non ho visto le proposte degli altri.

Stiamo aspettando, fuori da una porta enorme di legno, liscia e scura.

La sede della Blue Diamonds Corporation è in un grattacielo di vetro. I pavimenti e le pareti sono bianchissimi e lucidissimi, ed i mobili sono in legno, ultramoderni, completamente neri.

Una segretaria apre la porta della sala, invitandoci ad entrare.

– NY Advertisement Corporation? Tocca a voi, prego.

Io ed Alex entriamo. La stanza è enorme, completamente circondata da una vetrata. Il panorama è mozzafiato. Al centro c’è un enorme tavolo di cristallo, intorno vi sono circa dieci persone.

Osservo Alex, ha piena padronanza di sé.

– Buongiorno – ci dicono – prego, accomodatevi.

Alex appoggia il suo PC portatile sul tavolo, e lo collega al proiettore.

Poi si volta verso la dirigenza, che lo osserva.

– Buongiorno, sono Alex Anderson, direttore commerciale della NY Advertisement Corporation. La mia collega è Emma Taylor, direttore amministrativo. In questo mese abbiamo elaborato una proposta per la vostra società, pensando soprattutto al momento che la popolazione sta vivendo a livello mondiale. I diamanti, i gioielli, sono un bene di lusso, in un momento come questo sono tra i primi settori del mercato a risentirne. Quindi, abbiamo pensato di trovare un punto d’incontro tra il lusso e la semplicità. Abbiamo preparato uno spot televisivo e una serie di scatti per la pubblicità su riviste. Questo è il risultato. Potete spegnere le luci, per favore?

La segretaria preme un tasto ed automaticamente tutti i vetri vengono oscurati.

Alex avvia il programma sul suo pc. Parte lo spot, sono curiosa. Ha lavorato in maniera febbrile, questo mese, ma non mi ha ancora fatto vedere il risultato finale, lo ha solo mostrato ad Alan.

In sottofondo, si sente “Can’t help falling in love” cantata da Ingrid Michaelson. È bellissima, ha una voce suadente, morbida. Trasmette romanticismo ed amore.

Gira tutto intorno ad una donna. Si vede lei, neonata, qualcuno le mette al collo una collana, con un pendente a goccia, formato da un diamante blu circondato da piccoli diamanti bianchi. È bellissimo, l’unica nota di colore in questo spot tutto in bianco e nero.

Si vedono tutti i momenti salienti della sua vita, la scuola, il diploma, la laurea. Un fidanzamento, un matrimonio, la nascita di un figlio. Per ogni occasione le viene regalato da qualcuno un gioiello. Un braccialetto, un orologio, un anello con solitario, una vera di diamanti. Le note della canzone, stupendamente romantica, fanno da cornice a questa miriade di sentimenti, e mi commuovono.

Alla fine della sua vita, la donna, circondata dalla sua famiglia, dona ad una bimba appena nata la sua collana con diamante blu. Lo slogan finale, “Blue Diamonds. Impossibile non amarti” richiama la bellissima canzone in sottofondo.

Lo spot termina, ed Alex illustra la campagna su rivista, mostrando diverse immagini riportanti lo slogan e raffiguranti i vari momenti della vita della donna. Il tutto è estremamente semplice, i gioielli sono tutti bellissimi. È ricco di amore.

Si riaccendono le luci, ho gli occhi lucidi, Alex mi ha toccato il cuore.

Lo guardo, mi sorride.

I dieci membri della Blue Diamonds parlano tra loro, in silenzio.

– Sig. Anderson, quando ci ha commissionato il ciondolo non sapevamo a cosa servisse, devo dire che la sua idea è stata ottima. Le confesso che siamo positivamente colpiti. Ora ci riuniremo per decidere quale progetto approvare, non appena avremo raggiunto una decisione, vi contatteremo.

Detto questo, ci congedano e noi lasciamo l’ufficio.

Non appena fuori, mi congratulo con lui.

– Alex – gli dico – hai fatto un lavoro fantastico, è stato spettacolare.

Gli butto le braccia al collo, abbracciandolo forte. Lui mi stringe, mettendo il viso tra i miei capelli.

– Grazie, tesoro… – mi dice, sciogliendosi dall’abbraccio – Vieni, andiamo a mangiare qualcosa. Che ne dici se facciamo un giro qui intorno, in attesa che ci richiamino?

– Dico che è un’ottima idea – gli rispondo, sorridendo.

Lasciamo l’edificio, e ci avviamo a piedi nel centro di Los Angeles. Fa caldo, oggi, ci sono circa 25°, per fortuna ho indossato un tailleur grigio leggero, con la gonna, con sotto una camicia di seta bianca senza maniche. Osservo Alex, beh, lui è sempre meravigliosamente perfetto ed affascinante, ha buon gusto. Oggi ha indossato un completo blu scuro, con camicia bianca e cravatta argento. Inutile dire che mette stupendamente in risalto i suoi occhi azzurri.

Passeggiamo lentamente, lui mi prende la mano. Assaporo l’aria tiepida, completamente differente dal freddo di New York. È stupendo, rilassante. Guardo Alex, sembra immerso nei suoi pensieri.

– Tutto bene? – gli chiedo.

– Sì, tutto bene – mi risponde serio – è che non amo molto le attese… Mi snervano.

Passiamo di fianco ad un piccolo ristorantino, con alcuni tavoli all’aperto, sul marciapiede, e vediamo che ci sono un paio di tavolini liberi.

– Che dici, – mi chiede – Va bene, qui?

– Sì, perfetto, così magari possiamo sederci fuori.

Entriamo, ed il cameriere ci fa subito accomodare. Prendiamo due insalate di granchio, sembrano gustose.

– Beviamo acqua, oggi? – mi dice Alex – Meglio non perdere la concentrazione…

– Già – mi metto a ridere, scuotendo la testa.

– Se andrà bene, festeggeremo stasera, no? – mi chiede, guardandomi intensamente.

Le sue parole, sono innocenti, ma il suo sguardo… sembra volermi dire tutt’altro. Sento il solito languore, al basso ventre, che ultimamente la sua vicinanza mi provoca spesso.

Mi sento avvampare e distolgo lo sguardo.

Lo vedo che ride, capisco che l’ha fatto apposta… Spero non abbia capito che mi ha fatto effetto…

Avvampo ancora di più pensando a questa eventualità, e con una scusa vado alla toilette, seguita dal suo sguardo.

In bagno, mi osservo allo specchio.

“Sì, brava, Emma” mi dico “Speravi che non se ne accorgesse, si vede lontano un chilometro… Hai gli occhi che luccicano, le guance arrossate…”. Scuoto la testa, mi bagno le mani con l’acqua fresca e mi tampono le guance.

In quel momento, mi squilla il telefono, è Michael. Non so se rispondere o meno, ma sono due giorni che lo evito. Decido di rispondere.

– Pronto?

– Emma… mio Dio, finalmente! – mi dice lui – non hai più risposto alle mie telefonate, mi eviti… Vuoi dirmi che significa?

– Senti, Michael, mi dispiace, ma sono a Los Angeles per lavoro, rientrerò probabilmente domani.

Lui fa una lunga pausa.

– Sei con lui? – mi chiede quasi ringhiando.

– Lui chi? – gli dico, facendo finta di niente.

– Alex, quello con cui ti ho visto al ristorante.

– Oh, Michael, non penso proprio di dover rendere conto a te di quello che faccio – sbotto – E tu, sei con lei? Per “lei” intendo tua moglie.

– No, è tornata a Miami.

– Senti, ora non posso parlare, sono impegnata – gli rispondo, tagliando corto – Casomai ne parleremo al mio rientro.

– Ma senti, Emma… – mi dice lui.

– Michael, scusami, ma ti ho detto che sono impegnata, non posso stare al telefono. Ci sentiamo la settimana prossima, ciao – gli rispondo, riattaccandogli il telefono in faccia.

Butto il telefono nella borsetta, violentemente. Come mi fa arrabbiare! Cosa pretende, di fare sempre i suoi comodi e che io stia qui, ad aspettarlo, da brava amante? Ma perché non è come Alex? L’ho visto, Alex, com’era, con Elena… premuroso, sempre presente, romantico.

Mi guardo allo specchio, di nuovo. I segni del sentimento di poco prima sono spariti, bene.

“Alex è solo un amico, Emma” penso tra me e me “Vedi di non rovinare tutto rischiando di nuovo di perderlo, per favore.”.

Esco dalla toilette e torno da lui, al tavolo. Per fortuna non si accorge di nulla, o almeno così sembra.

Ci gustiamo le nostre insalate, poi riprendiamo la nostra passeggiata per il centro.

All’improvviso, sentiamo il telefono di Alex suonare.

Alex prende il cellulare, guarda il display e mi fissa intensamente.

– Sono loro – mi dice.

– Pronto? – risponde, ascoltando il suo interlocutore – Va bene, arriviamo subito.

Mi prende per mano e fa dietro front, accelerando il passo.

– Hanno preso una decisione – mi dice, serio.

Arriviamo velocemente alla sede della Blue Diamonds, entriamo salendo con l’ascensore al piano dove abbiamo fatto la presentazione.

– Ci saranno anche gli altri, che dici? – gli chiedo – Lo comunicheranno a tutti o hanno chiamato solo noi perché…

– Zitta, non dirlo nemmeno – mi risponde interrompendomi.

È agitato, non l’ho mai visto così. Fa un respiro profondo, chiudendo gli occhi, poi li riapre. Ha ritrovato la sua calma, il suo autocontrollo. “Ma come diavolo fa?” mi chiedo.

Il campanello dell’ascensore ci riporta alla realtà, siamo arrivati.

Usciamo, la segretaria di fronte a noi nella reception ci fa un enorme sorriso… o meglio, lo fa ad Alex, e mi infastidisce terribilmente.

Ci avviamo verso la sala, le porte sono aperte, sono tutti in piedi che parlano tra loro. Entriamo, nessuna traccia dei nostri concorrenti… Ho un tuffo al cuore.

Non appena ci vedono ci vengono incontro, stringendoci le mani.

– Congratulazioni, signora Taylor e signor Anderson, all’unanimità il consiglio ha approvato il vostro progetto.

Il mio cuore esplode di felicità ed orgoglio per il magnifico uomo che ho al mio fianco.

continua…

Copyright Samy P. © 
Questo racconto è di proprietà di Samy P., è protetto da copyright e ogni riproduzione dell’opera, parziale o integrale, è vietata. È vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti, in qualsiasi forma, non autorizzata espressamente dall’autrice. Tutti i diritti sono riservati ©. L. 633/1941. Questo racconto è un’opera di fantasia di Samy P. Ogni riferimento a persone reali esistenti o esistite, fatti, luoghi o avvenimenti è del tutto casuale ed è frutto dell’immaginazione dell’autrice che ne ha fatto uso al solo scopo di dare maggiore veridicità alla storia.

error: