OMBRE E LUCI DAL PASSATO – Capitolo 2

Alex

Lunedì, 23 dicembre, antivigilia di Natale. Domani partirò per San Francisco, per passare le feste con i miei, sono diversi mesi che non li vedo, mi mancano.

A forza, sono venuto in ufficio, oggi, nonostante i due giorni infernali che ho appena passato, ho ancora addosso i postumi di una brutta influenza.

Sento un bussare lieve, alla porta, lo riconoscerei tra mille.

– Avanti – dico.

– Ehi!  – mi dice Emma, aprendo la porta – Come va, stai meglio?

“Ora che ti vedo, sì… Eccolo qui, il sole che mi illumina la giornata.”

– Sì, mi sono ripreso. Sono ancora un po’ debole, ma sto decisamente meglio – le rispondo.

Lei si siede su una sedia, di fronte al mio tavolo, e mi fissa in silenzio, seria. Ha un’espressione strana, angosciata.

“Cazzo” penso “E’ successo qualcosa, non mi piace per niente.”

– Che succede? – le chiedo – Hai bisogno di parlare?

– Sì… Non so da dove cominciare… – mi risponde lei. È nervosa, in ansia.

La guardo, inarcando un sopracciglio. “No, non è che non mi piace per niente… sono molto, molto preoccupato.” Poso la penna sul tavolo e mi appoggio allo schienale della poltrona, con le braccia incrociate.

– Coraggio – le dico – Sono tutt’orecchi, tesoro.

Emma fa un profondo sospiro, sembra terrorizzata. 

– Ho incontrato una persona, venerdì, al ristorante – mi dice – qualcuno che non vedevo da anni.

Non so perché, ma un brivido gelato mi percorre la schiena. Il mio istinto, forse.

La guardo con aria interrogativa, voglio sapere.

– Ho incontrato Michael – mi dice, di getto. Poi mi guarda negli occhi.

Il brivido gelato diventa panico. No, non può essere vero. Spalanco gli occhi, incredulo.

– “Quel” Michael? Il padre di Paul? – le chiedo.

– Sì, lui. – mi risponde.

Mi sento sprofondare nell’abisso più profondo, ma cerco di mantenere la calma.

– E quindi? – le chiedo – Cosa è successo, Emma?

Sono terrorizzato della sua risposta. Se solo l’ha toccata…

– Mi ha baciato – mi dice di getto – E mi ha dato appuntamento per dopo le feste, quando tornerà qui.

Sento la bile salirmi in gola, mi sto incazzando, di brutto. Chiudo gli occhi, irritato, cerco di calmarmi e faccio un profondo sospiro, serrando le mascelle.

– Emma… – le dico riaprendo gli occhi e guardandola – Hai dimenticato quello che ti ha fatto?

– No, non l’ho dimenticato – mi dice lei sussurrando.

– Come puoi ancora cadere nella sua rete? Avevi 19 anni, lui 22… ti ha sedotto, portato a letto, poi è saltato fuori che era fidanzato. E quando se n’è andato, hai scoperto che eri incinta. È stato meschino, bugiardo…. sai che le persone non cambiano!

So che non le piace ricordare quello che è successo, ma devo farlo.

Mi guarda stringendo gli occhi, irritata.

– Non c’è bisogno che me lo ricordi – mi dice – Anche se lo devo comunque ringraziare… Paul è tutta la mia vita, senza di lui non sarebbe mai nato.

La osservo a lungo, in silenzio. Ho la consapevolezza che prova ancora qualcosa, per lui.

– Perché me l’hai detto? – le chiedo – Lo sai che io sono sincero, con te, fino in fondo. Se cercavi la mia approvazione, mi dispiace, ma non ce l’hai.

– Beh, allora scusami se ti ho disturbato – mi dice, alzandosi dalla sedia e dirigendosi verso la porta.

“No, merda… Odio litigare con lei…” mi alzo e la raggiungo, abbracciandola da dietro.

– Aspetta, ti prego… – le dico – Non dovevo essere così duro, scusami…

– Vuoi spiegarmi perché hai reagito così? – mi chiede.

– È che mi hai spiazzato. Da quando è morto John… non hai mai avuto nessuno, ed ora salta fuori che la prima persona che ti si avvicina è proprio l’ultima con cui vorrei vederti io… ed anche John, lo sai.

– Sì, lo so – dice Emma mestamente – Era per quello che volevo parlare con te… avevo bisogno di una voce amica.

– E ce l’hai, tesoro, ce l’hai – le dico, baciandole i capelli. Respiro il suo profumo, dolce.

Mi sciolgo dall’abbraccio, scuotendomi.

– Dai, forza, torniamo al lavoro – le dico, dandole una pacca sul sedere – poi stasera ti porto a prendere un fantastico aperitivo, così possiamo salutarci e farci gli auguri.

Lei si mette a ridere, in quel modo che adoro, ed esce dal mio ufficio scuotendo la testa.

Sa che sono un pazzo, e sa che stasera sarà un lungo aperitivo… uno dei “nostri”.

Ne abbiamo passate tante, insieme. Quando sono stato assunto alla NY Advertisement, 18 anni fa, siamo diventati subito amici, è stata una cosa di pelle. Lei era già sposata, io ero single.

Poi ho conosciuto Elena, lavorava nell’ufficio amministrativo con Emma. Da allora, tutti i sabati, uscita a quattro, io, Elena, Emma e John. Una vita perfetta. Avevo trovato una fidanzata favolosa, un’amica fantastica a cui volevo un mondo di bene e che aveva un marito che era come un fratello, per me.

Poi, 8 anni fa, è crollato tutto. Elena ha conosciuto un dirigente di un’azienda di import-export… mi ha mollato e si è messa con lui, lasciando pure il lavoro. Quella sera mi è crollato il mondo addosso, e dove potevo andare, se non dalla mia migliore amica?

Mi sono presentato da lei, a pezzi. Mi hanno accolto in casa, lei e John, poi… è arrivata la tequila. Fiumi di tequila. John ci ha guardato, scuotendo la testa.

“Voi siete due pazzi” ha detto, me lo ricordo ancora. Mi si stringe il cuore, al pensiero, mi sembra sia successo ieri. Ci ha lasciato lì, ad ubriacarci, e se n’è andato a letto.

Mi sono svegliato al mattino, sul loro divano, ancora vestito, con la testa che mi scoppiava. Lei se n’era andata da suo marito, ed io… io mi sentivo solo, avrei tanto voluto che lei fosse rimasta con me. È stato in quel momento che ho capito che non era solo amicizia, quello che provavo nei suoi confronti.

E da allora… prendo tutto quello che riesce a darmi, prendo i suoi sorrisi, i suoi abbracci, i suoi baci affettuosi, tutto quello che mi regala, ogni giorno. Le sto accanto, sempre. E aspetto, aspetto il momento buono. L’ho promesso a John, che avrei aspettato, e che fino ad allora mi sarei preso cura di lei. Ma ora, che è arrivato lui… non credo che sia più il tempo di aspettare. Devo agire, ed in fretta.

Emma

Mi allontano dall’ufficio di Alex, lungo il corridoio. Ho visto la delusione, nei suoi occhi, quando gli ho detto che Michael mi ha baciata, e mi ha fatto male, molto male.

È importante, per me, Alex, molto importante.

Quando John è morto, 3 anni fa… Se non avessi avuto lui, sarei morta anch’io. In questi tre anni, è diventato un pilastro, nella mia vita, una persona a cui appoggiarsi, l’unico a cui dire tutto.

L’unico che mi conosce bene, fino in fondo.

Ha ragione, so che mio marito non avrebbe mai approvato una cosa del genere.

Ci siamo conosciuti che Paul aveva solo due anni, John lo ha cresciuto come un figlio suo, come ha cresciuto Sarah.

Ha sempre disprezzato Michael, pur non avendolo mai conosciuto, e mi ha sempre detto, dopo che ha scoperto di essere ammalato, che dovevo rifarmi una vita.

Ma non approverebbe mai che me la rifacessi con lui, MAI.

Entro nel mio ufficio e chiudo la porta, sprofondando nella poltrona.

Paradossalmente, ora, vorrei che John fosse qui.

 

– Allora, sei pronta? – mi chiede Alex, facendo capolino nel mio ufficio.

– Sì, aspetta che avviso a casa – dico, componendo il numero di telefono di casa mia.

– Pronto? – mi risponde Paul.

– Ciao amore, volevo solo dirti che stasera faccio tardi, io ed Alex andiamo a prendere un aperitivo, domani parte per San Francisco.

– Sì, uno dei “vostri” aperitivi? – mi chiede Paul, ridendo.

– Credo di sì, non so che intenzioni abbia – gli dico guardando Alex con aria interrogativa.

Lui mi osserva, socchiudendo gli occhi, e mi regala un fantastico sorriso complice.

– Ho capito, ci vediamo domattina a colazione, divertitevi, ok? – mi dice ridendo.

– Voi cosa fate?

– Io sto aspettando Erika, viene qui a cena, abbiamo ordinato la pizza. Sarah è in camera con due sue amiche, staranno qui a dormire – mi risponde Paul.

– Benissimo, sei l’uomo di casa, allora… Mi fido di te.

– Tranquilla, mamma… Buona serata! Un bacio.

– Un bacio anche a te, amore – gli dico, e riattacco il telefono, guardando Alex.

Lui viene verso di me e mi porge la mano.

– Coraggio, andiamo – mi dice.

 

Il locale è affollato, rumoroso, con musica alta, e tante persone che ballano.

Siamo seduti al bancone del bar, alle prese con il secondo giro di Mojito.

– A che ora hai l’aereo domani? – gli chiedo.

– Alle 10,00… Arriverò a San Francisco per le 16,00, circa – mi risponde.

– Ti serve un passaggio per l’aeroporto?

– No, grazie, chiamerò un taxi, sai che odio gli addii… – mi dice sorridendo ironicamente.

“Mi mancherà terribilmente, lo so…” penso, e lo guardo tristemente.

– Sono contenta che vedrai i tuoi genitori, ma… mi mancherai, da morire – gli dico, gettandogli le braccia al collo. Sarà il terzo Natale senza John, avrei tanto voluto che Alex fosse qui con me.

– Anche tu mi mancherai – mi dice Alex, all’orecchio. Poi, mi fa una leggera carezza sui capelli.

Mi guarda negli occhi, per un attimo, poi mi solleva, facendomi roteare.

– Coraggio, ora ti porto a ballare! – mi dice, e mi trascina in pista.

– Farai la brava, qui, senza di me? – mi chiede.

– Assolutamente no, andrò fuori tutte le sere – gli rispondo ridendo.

Alex ride, di gusto, abbracciandomi.

“Che bene che sto, con lui” penso “Mi sento protetta, felice. È un grande amico.”

La musica cambia, improvvisamente, sento “I don’t want to miss a thing”, degli Aerosmith.

Mi sciolgo dall’abbraccio, e mi accingo ad abbandonare la pista, ma Alex mi trattiene.

– Dove vai? – mi chiede.

– Vuoi davvero ballare questa? – gli chiedo.

– E perché no? – mi dice – Dai, vieni qui.

Mi attira verso di sé, e mi stringe tra le braccia, muovendosi lentamente, a tempo di musica.

Mi aggrappo a lui, disperatamente… ho bisogno del suo calore, del suo affetto.

Mai come quest’anno sentirò la sua mancanza.

continua…

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